giovedì 1 ottobre 2015

Batteria di bianchi - 30/09

Trovo i bianchi molto più difficili da scoprire rispetto ai rossi, ma anche molto più "sinceri", nel senso che se qualcosa non va lo capisci sempre molto velocemente...

Ieri sera abbiamo deciso di fare una serata di soli bianchi, senza limiti di tipologia, senza ordine e alla cieca, tranne per i soli due ancestrali, che abbiamo degustato all'inizio.

Ho ancora perplessità per quanto riguarda l'ordine dei campioni, ci sono alcune versioni discordanti e ognuna con la sua dose di ragione; mi spiego meglio, iniziare prima con le bollicine? Sì, però se il percorso sarà medio-lungo, delle bollicine a metà rinfrescano e aiutano...
Iniziare con i vini più giovani? Sì, ma così facendo, alla fine potreste trovarvi ad avere i sensi stanchi, appesantiti...
Per questo abbiamo pensato di non curarci della scaletta e procedere mantenendo i campioni maggiormente interessanti nei calici per riascoltarli.

Inizio con i due petillant, chiaramente due ancestrali, ovviamente torbidi, il primo dei quali era stranamente di tonalità rosa antico, dal naso selvatico, animale, più che da lievito, molto da crosta di formaggio per capirsi... Poi si è aperto e la situazione è cambiata, in bocca era davvero intrigante e ricco, pieno di gusto, non fruttato ma molto amaro. Lo trovo difficile a dire il vero in una tavola di ristorante (era il BELFI colfondo); il secondo era quello che avevo portato io, il Casa Coste Piane, per il quale avevo molte speranze, al confronto era poco intenso, citrino, meno persistente e a dire il vero più fruttato. Lontano dall'idea che un bevitore medio di prosecco potrebbe farsi, qui non ho sentito nè mela nè pera. Finale amaro come è giusto che sia, adesso vorrei assaggiare il Brichet. Ne parla anche Scanzi qui.

Proseguiamo speranzosi, pur sapendo che siamo diventati più esigenti col tempo, con un campione non particolarmente limpido, dorato. Chiaramente siamo di fronte ad un vino naturale. Note floreali intense di ginestra, ossidazione lieve (poi scopro essere un anforato!), vibrante in bocca, calso, ma elegante, entra e resta senza stordire. Qualcuno nomina il ginepro, il mirto, sembra quasi un vino dai profumi sardi di macchia mediterranea, e mi viene da sorridere scoprendo che si tratta della Nosiola della Foradori, anforata. Gran bel bere, fine e stimolante. a 30 e più euro però sono un po' perplesso sul rapporto q/p.

Quarto campione, stiamo cominciando a riscaldarci. Limpido, quasi brillante, dorato freddo, naso molto stimolante, frutta matura, pesca gialla, forse albicocca, una pungenza interessante come di zenzero candito, poi ... la delusione atroce in bocca, vellutato, oleoso e finto. Mieloso e burroso, nessuno stimolo di salivazione, pesantemente spostato sulle morbidezze. Banalotto.
Era un toscano della Veive, composto da vitigni francesi, come il viogner, nessuna piacevolezza però.

Quinto assaggio, il RE della serata, una chicca enologica vera e propria, scalini e scalini sopra tutti gli altri. Dorato caldo. Leggermente opaco, grande corpo e pesantezza nel calice.
Ossidazione positiva, di noci, anche nocino direi, richiami di distillati dolci, rhum, carrube, incenso, miele di castagno. Che vino. In bocca esplode, variegato, con la sua complessità fa percepire anche un tannino che rende ruvida la lingua al centro, unia pecca forse una apparente carenza di sapidità.
Era il RAPATEL bianco, che dire, omaggi al grande maestro francese che ci ha fatto emozionare veramente, temo che gli altri campioni spariranno davanti a questo mostro sacro dei bianchi... a 9 euro a bottiglia (senza Iva).

Sesto, il mio secondo contributo della serata, delusione assoluta, ma esempio di come il mondo dei vini convenzionali mi appartenga sempre meno. Brillante dorato scarico. Naso misterioso, quindi indecifrabile, forse per la complessità "stretta"? No, in bocca è una disfatta di acquosa memoria.
Note di burro tostato e vaniglia E BASTA. Laura Aschero, vermentino, no grazie, non fa per me. La Liguria che adoro è lontana.
Complimenti per tutti i grandi premi che vedo ha vinto, a questo punto mi chiedo chi fa le degustazioni professionali, e come fa a gudicare, mah.

Ultimo assaggio, il settimo, bianco carta, ahia. Il naso è evidentemente parlante, vanillina, zucchero vanigliato, caramella d'orzo E BASTA. Non vorrei neanche degustarlo, comunque mi sforzo e confermo, a parte una punta di acidità non trovo molto altro da descrivere.
Un riesling alsaziano smorto e ultimo tra i grandi, anzi ultimo tra i piccoli. Ah anche questo ha vinto premi, non ho neanche segnato il produttore, che è stato addirittura consigliato da un'enoteca.

Questi assaggi mi hanno stimolato a riflettere, davvero il mondo del vino come ce lo propinano è così dannatamente lontano e surreale rispetto al vino cosiddetto Vivente?
I premi non sono realistici.
Le guide non vanno lette.
Lasciamo stare e beviamo quello che piace a noi e non agli altri, basta grande fratello enologico!

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