La prima degustazione dove ho partecipato attivamente!
Molti non conoscono le realtà emiliane e romagnole, neppure loro stessi, questo mi ha fatto riflettere.
Tutti i loro vini sono prodotti all'insegna della piacevolezza e bevibilità, generalmente parlando, la loro gastronomia si basa su piatti saporiti e di facile preparazione, in linea di massima, con prodotti di base di estrema qualità.
Pensiamo al crudo di parma, non il 16 mesi, mi raccomando, ma se lo trovate il 24 mesi o anche di più. I formaggi, lo squacquerone, i caprini, e le famose piadine o i tortelli. Perchè no anche la salama da sugo!
Molti ignorano il gutturnio, l'ortrugo, il fortana, ma sono vini abbastanza reperibili in ogni supermercato (anche se non proprio la versione TOP di gamma).
In questa degustazione ho pensato assieme ai colleghi uno spumante da uve FAMOSO (questo vitigno non lo è proprio), un lambrusco (e che lambrusco), un BURSON e un centesimino.
Il gioco che abbiamo voluto creare è stato di affiancare a confronto alcuni vini tipici del veneto e conosciutissimi, un prosecco, un ripasso (il lambrusco era troppo importante per affiancarlo) e un refrontolo passito (marzemino).
Prima coppia, gli spumanti, bellissimo il conceto espresso dal grande Graziano, che ha paragonato il FAMOSO ad un ragazzotto di campagna, poco attento all'eleganza, ma di grande e sincera struttura, mentre il prosecco era un altolocato riccone che in realtà non aveva muscoli.
Infatti il primo aveva profumi chiusi e riservati, sentori solo vagamente fruttati e di erbe aromatiche, poi grande potenza in bocca e ottima persistenza, il secondo era elegantissimo al naso, grande pera williams e mela golden, poi in bocca un po' di acidità e tanto zucchero, si spegneva subito, anzi restava ancora il FAMOSO.
Il LAMBRUSCO, uno dei migliori italiani, quello di CECI, NERO DI LAMBRUSCO, stupendo naso di violetta (consueto), di frutti rossi, mirtilli, lamponi e grandissima materia colorante. Poi in bocca riempiva tutto con una assoluta cremosità e suadenza, lasciando un retronasale fantastico di liquirizia in radice. Il cappello introduttivo di Dante recitava: non è possibile valutare un lambrusco più di 90 punti, non ne ho mai assaggiati. Si è ricreduto.
Seconda coppia, i rossi strutturati. Devo dire che il suggerimento di acquistare il Burson della cantina Longanesi (dove questo vitigno è stato riscoperto casualmente) è stato vincente, l'etichetta nera è stata favolosa. Avrei voluto comunque tentare anche il prodotto della tenuta Uccellina. Il confronto con il ripasso è stato impari, il burson non perdonava e non faceva sconti. Grandissima potenza sia al naso che in bocca, inchiostro puro, aggressivo nei suoi tannini allampanti ma esempio di grande futuro davanti a sè e promessa di una qualità ancora migliore.
Frutta nera, prugne e more, ciliegie. Grande speziatura e toni balsamici, persistenza infinita, un cavallo di razza.
Terza coppia, i rossi passiti. Devo dire che l'Emilia è una terra dove sanno produrre i passiti, dall'albana al centesimino possono essere annoverati tra le eccellenze italiane.
Questo centesinimo da uve stramature di Morini mi è stato suggerito, non lo conoscevo e stavo valutando un malbo gentile passito, che comunque non era da meno, a mio avviso. In bocca stupendo comunque, grandi profumi, come di zucchero a velo e fragolina di bosco, in bocca ritornano le note dolci e la frutta con l'aggiunta di sensazioni terziare di fiori essiccati. La bocca è molto stimolata da una vena rinfrescante e l'assaggio si conclude con un accenno di cacao. Abbinamento pasticcini al cioccolato, ma non fondente.
Non ho assaggiato il refrontolo, ma la lotta, sentiti i commensali, è stata alla pari.
Ringrazio tutti i colleghi, Giampaolo e i relatori per la loro competenza e simpatia, mi sono reso conto di come la capacità di trasmettere quello che troviamo nel vino renda una serata completamente diversa, a parità di prodotti. E non tutti ne sono capaci.
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