Premetto che ho stilato la mia "wish list" dei vini che vorrei assaggiare almeno una volta nella vita (ed è abbastanza lunga) e completamente a sorpresa ieri sera... NE HO TROVATO UNO!!!
Si tratta della Coulèe de Serrant di Joly.
Ma andiamo con ordine, serata dannatamente piovosa e tetra, sembrava cominciare male; poi la compagnia ottima e il relatore competente e preciso (bravissimo Riccardo) hanno migliorato il mio umore molto velocemente!
L'argomento, difficile, ostico e controverso è principalmente la viticoltura BIODINAMICA, più che quella biologica.
In BIODINAMICA il terreno è vivo, vedete le radici come si sviluppano in verticale? In terreni "morti" restano in superficie per cercare nutrimento, magari da concimi chimici |
Domanda tipica, ma che differenza c'è, in parole povere? Entrambi impongono ai viticoltori delle regole restrittive di gestione in vigna, minor uso di solfiti, no diserbanti, minor uso del ramato (6 kg/ha per il biologico e 3 kg per il biodinamico) ma mentre nel BIOLOGICO il coltivatore SFRUTTA il terreno così com'è, nel biodinamico (tralasciando i risvolti esoterici) il viticultore ACCOMPAGNA la vite intervenendo naturalmente (es. piantando leguminose benefiche, creando HUMUS, attivando la ricezione solare delle foglie...) quindi dona alla vite quello di cui ha bisogno SENZA sfruttare il terreno, che altrimenti si impoverirebbe, necessitando fertilizzazione. (a proposito i concimi chimici sono SALI, quindi se mangiamo sale cosa succede? Dobbiamo bere sempre di più...).
Dovreste poi aver visto le facce quando si è parlato di congiunzioni astrali e proiezioni cosmiche!!!
Comunque posso dire che i veri protagonisti della serata, obiettivamente parlando (e suscitando le gelosie di un produttore presente) sono stati appunto la Coulèe de Serrant (Chenin Blanc), dal naso affascinante e "imbellettato" ma non per questo meno emozionante. Forse l'annata non era proprio evoluta, ma il colore ORO BRILLANTE, le sensazioni di corteccia, di mela verde, di spezie dolci, hanno stupito tutti.
Va anche detto che NON si sentiva che fosse CHENIN BLANC (e Joly voleva proprio questo, mentre a me piace lo chenin blanc!) ma neanche che si trattava di un vino della Loira!
Personalmente non è un vino che acquisterei, non tanto per il prezzo, ma lo consiglierei a chi desidera tentare un'esperienza DIVERSA dai vini ai quali siamo solitamente abituati; il secondo BIO era un ROSSO, da CANNONAU e BOVALE, di DETTORI, aveva una leggera volatile per nulla aggressiva, anzi veicolante di sentori fruttati di mirtillo e frutta a bacca rossa, potente e persistente, finale di FRUTTA (evvai).
Era presente anche Radikon, con un prodotto che devo dire spiazzante, acidulo e poco piacevole, nè emozionante, ma va a dirlo al produttore! Il colore era giallo dorato con il cuore del bicchiere aranciato (bianco con macerazione di 4 mesi, quindi vinificato in rosso, nome JAKOT)
Una precisazione che è emersa dalla serata, e voglio divulgare, è soprattutto che il vino BIO, a parte la moda che sta creando, DEVE ESSERE BUONO, altrimenti che ce ne facciamo di un vino che puzza? Non si comprano! Provate qualche vino BIO di produttori della Loira, odori insopportabili.
Un'ultima cosa che ho imparato dal sito di DETTORI, udite udite, il CANNONAU è un AUTOCTONO di sardegna e condivide solamente l'82% dei geni della GARNACHA (non come si credeva un clone delle stesse tipologie GRENACHE, TAI ROSSO, GARNACHA, VERNACCIA, ecc...)