Non avrei mai pensato di fare un'esperienza tanto bella e interessante, devo dirlo...
A Piacenza, alla fiera "Sorgente del Vino" lunedì 16/2 ho incontrato molti produttori, ne ho percepito la grande passione, anche se era il terzo giorno di fiera e si vedeva quanto fossero affaticati.
Molte le regioni italiane rappresentate e buona affluenza (gli altri giorni c'era una fiumana di gente), si sono presentati anche altri paesi, Francia, Croazia, Grecia (un solo produttore da Lesvos).
ANTONIO LIGABUE
Ricordo con particolare intensità Antonio Ligabue da Brescia, finalmente il primo produttore in vigna SINERGICO, si rifà agli insegnamenti del mestro Fukuoka (vedete la mia pagina di letture), è stupendo parlargli mentre si sorseggiano i sui prodotti, così schietti e puri, il BLE' ad esempio, così verticale e citrino, il cinghiale bianco, altro prodotto da scoprire...
Devo ricordarmi di fare un bell'ordine e sentirlo ancora parlare di come l'ambiente del suo vigneto sia completamente funzionale e quasi autosufficiente.
Ah, le sue vigne producono 400 grammi di uva per pianta. Pazzesco.
AR. PE. PE
Siamo nella Valtellina, questi ragazzi coltivano nei terrazzamenti le vigne vecchie di chiavennasca, con competenza e anche simpatia, si divertono anche in fiera!
La loro SASSELLA regina è veramente delicata, ci fanno assaggiare anche i loro nebbioli delle famose sottozone SASSELLA GRUMELLO INFERNO in magnum, ma le differenze sono molto sottili, come tra SASSELLA e GRUMELLO, quindi bisogna abituarsi e essere guidati da chi lo produce.
LA STOPPA
Abbiamo assaggiato il loro macerat, che mi è piaciuto,non ci siamo soffermati però, al tempo non sapevo che era una delle protagoniste dell'ultimo film di Nossiter... Mannaggia.
GIOVANNI MENTI
Diesel copertone bruciato, lamiera, un incidente stradale in piena regola!! E' così uno dei suoi prodotti, e direte che schifezza ! Beh, produce diversi vini e meritano di essere capiti e assaggiati, OMOMORTO, che ho già descritto è ottimo, ma assaggiate anche il suo metodo classico con aggiunta di mosto passito di garganega, venduto a testa in giù, per lasciare la possibilità al cliente di berlo limpido (dobbiamo arrangiarci con la sboccatura però) oppure velato con i suoi lieviti, in questo ultimo caso più rustico ma maggiormente verace.
TENUTE DETTORI
Moscadeddu, che vino ragazzi, profumava come la macchia mediterranea, un vino ottenuto da uve stramature, non è uno dei solito moscati che riconosciamo subito, o meglio, la sensazione del moscato esiste (moscato di Alessandria) ma è arricchita da molteplici altre emozioni, salvia, rosmarino, mirto. Fa anche due giorni di macerazione.
CA DEL VENT
La bellissima idea che ho della Franciacorta, e non ho mai assaggiato veramente, si è improvvisamente materializzata con lo sforzo di questi ragazzi che lavorano in biodinamica, che mi hanno fatto degustare delle bombe di sapore, veramente resti con gli occhi stralunati... Il loro base è forte, sincero, perchè senza aggiunta di dosaggio, sereno, perchè non viene trattato continuamente e così disturbato, anzi, nessun travaso, nè collaggi, filtrazioni o aggiunte. COSI' va fatto il vino alleluja!
Non parliamo del loro 67 mesi sui lieviti, più delicato, quasi uno champagne, ventaglio armonico di sfumature che ti fanno ritornare continuamente nel bicchiere per trovare soddisfazione. E il bello è proprio che la trovi!
A dire il vero abbiamo assaggiato molto di più ma questi sono i più interessanti incontri fatti ( e a dire il vero non c'erano molte possibilità per questioni di tempo e resistenza) e alla fine le menti erano pulite e nessun senso di pesantezza, quindi i vini erano sani e non adulterati o troppo pieni di solforosa.
Ho potuto anche acquistare il nuovo film di Nossiter, Resistenza Naturale, che vi consiglio, perchè, al contrario di Mondovino, di 10 anni fa, qui il regista mette pochissimi suoi commenti ( ma sempre taglienti e stimolanti) e lascia che siano i protagonisti a parlare.
Trovo assurdo che il mondo accademico (ad esempio nelle università di enologia) non sia aperto alle idee di persone che seguono strade diverse dalla tradizionale enologia, che sembra sia solo chimica.
Si evince che i lavoratori del settore sono convinti che solo con la chimica, gestita bene, la vigna può prosperare ma non solo, senza chimica MORIREBBE !! Beh, questa è ignoranza.
Da ridere il passaggio dove i professori lodano il Tavernello come simbolo imprenditoriale e eccellenza industriale italiana, fonte di lavoro per migliaia di persone (sottopagate di sicuro), Nossiter gli chiede "lei lo beve?" e il professore si incarta, si impapera, con tutti gli studenti che ridono!
Con questo blog desidero ricordare, discutere, approfondire e divulgare la mia e nostra passione, il VINO ! Sono sommelier AIS non professionista, da luglio 2013 e mi piace avere sempre qualcosa di nuovo da imparare di questo vastissimo mondo, l'enogastronomia.
sabato 28 febbraio 2015
Visita alla manifestazione Sorgente del Vino a Piacenza 16/2
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I vini della Borgogna - 19/1
La Borgogna, questo grande mito, devo dire che non stupisce sempre, anzi a volte mi sembra che stiano aprofittando della situazione di mercato per immettere prodotti non all'altezza... Sembrano paroloni, ma mi dareste ragione assaggiando i prodotti in degustazione.
Perfino a Chablis dovrebbero avere sempre una qualità eccelsa, ma non è così, almeno dall'esperienza fatta ieri sera (19/1) alle Osterie Moderne. I due assaggi erano per l'appunto poco eleganti e a dire il vero anche leggermente vegetali, non proprio l'aspettativa per un buon chardonnay.
Diciamo che per il prezzo di 32 euro proposto, sulla carta, considerate le zone offerte era anche buono, Chablis, appunto, ma anche Mersault, Gevrey-chambertin, Chambolle-Musigny, Volnay, ma soprattutto Nuits-St-Georges.....
Scrivo questo post molto tardi rispetto all'esperienza, sia per questioni di sovraccarico di esperienze (Milano e Piacenza sono state illuminanti) ma soprattutto per la scarsa soddisfazione che mi ha lasciato partecipare a questa serata.
Non ho preso appunti ma posso dire che l'unico vino che mi piace ricordare, e lo meritava davvero, è stato il Marc Morey Puligny-Montrachet 2012 "Les Referts" 1er cru, gran bella persistenza, chardonnay in purezza, stupisce che negli ann si sia molto spostato il prezzo di vendita, arrivando nel 2009 a 230-250 euro a bottiglia! Oggi sembra stabile sotto i 50 euro, vedete come la borgogna può cumentare i prezzi.
Va detto che sono ben 562 i villaggi che si possono fregiare della premier cru, resta comunque il fatto che non è la massima scala di qualità in borgogna, infatti parliamo di GRAND CRU solamente nel caso del 2% della produzione, e si tratta di 33 VIGNETI, esatto là premiano le parcelle maggiormente vocate.
Anche i vini sono chiamati in etichetta in questo ultimo caso con la parcela, ad esempio "Corton-Charlemagne GRAND CRU" e non si capisce che si tratta di Chardonnay, ma chi conosce l'AOC sa che è l'unico vitigno permesso.
Altro esempio, La Tache, dedita al PINOT NERO è forse addirittura il vigneto più vocato al mondo (Domaine de la Romaneè Conti ne possiede una buona parte).
Perfino a Chablis dovrebbero avere sempre una qualità eccelsa, ma non è così, almeno dall'esperienza fatta ieri sera (19/1) alle Osterie Moderne. I due assaggi erano per l'appunto poco eleganti e a dire il vero anche leggermente vegetali, non proprio l'aspettativa per un buon chardonnay.
Diciamo che per il prezzo di 32 euro proposto, sulla carta, considerate le zone offerte era anche buono, Chablis, appunto, ma anche Mersault, Gevrey-chambertin, Chambolle-Musigny, Volnay, ma soprattutto Nuits-St-Georges.....
Scrivo questo post molto tardi rispetto all'esperienza, sia per questioni di sovraccarico di esperienze (Milano e Piacenza sono state illuminanti) ma soprattutto per la scarsa soddisfazione che mi ha lasciato partecipare a questa serata.
Non ho preso appunti ma posso dire che l'unico vino che mi piace ricordare, e lo meritava davvero, è stato il Marc Morey Puligny-Montrachet 2012 "Les Referts" 1er cru, gran bella persistenza, chardonnay in purezza, stupisce che negli ann si sia molto spostato il prezzo di vendita, arrivando nel 2009 a 230-250 euro a bottiglia! Oggi sembra stabile sotto i 50 euro, vedete come la borgogna può cumentare i prezzi.
Va detto che sono ben 562 i villaggi che si possono fregiare della premier cru, resta comunque il fatto che non è la massima scala di qualità in borgogna, infatti parliamo di GRAND CRU solamente nel caso del 2% della produzione, e si tratta di 33 VIGNETI, esatto là premiano le parcelle maggiormente vocate.
Anche i vini sono chiamati in etichetta in questo ultimo caso con la parcela, ad esempio "Corton-Charlemagne GRAND CRU" e non si capisce che si tratta di Chardonnay, ma chi conosce l'AOC sa che è l'unico vitigno permesso.
Altro esempio, La Tache, dedita al PINOT NERO è forse addirittura il vigneto più vocato al mondo (Domaine de la Romaneè Conti ne possiede una buona parte).
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venerdì 27 febbraio 2015
Convegno - La Mineralità presso il Palazzo del Ghiaccio a Milano 22/2
Abbiamo colto l'occasione e avuto il privilegio, io e Pietro, di assistere alla conferenza dello stimato enologo/giornalista francese David Levebvre a Milano, il 22 febbraio 2015.
Supportato dall'eccellente Samuel Cogliati (ha scritto il libro sul maltrattamento del territorio nella Champagne, Porthos edizioni) che traduceva all'istante dal francese, il sig. Lefebvre ci ha parlato della Mineralità.
Un sentore fin troppo evocato dai sommelier, a volte a sproposito (ho sentito dire che "siccome non sento nulla di particolare dico che è minerale"), ma perchè diciamo che un vino è minerale?
Si sentono le note di grafite, di pietra focaia, di petrolio, di benzina, iodio, ferro ecc?
Certo che si sentono, David non intende dire che i nostri "fiuti" si sbaglino.
Dice solo che il sale NON HA ODORE, così come lo iodio o il ferro.
Facciamo un passo indietro, perchè la degustazione era DAVVERO tecnica e chi, come me, non ha nessuna base solida in chimica (ma Pietro navigava nell'oro!) arrancava per stare al passo.
Esistono due tipi di materia, ORGANICA e MINERALE.
La materia organica ha odore e si decompone => perchè ha una struttura INSTABILE.
La materia minerale (o inorganica) non ha odore e non si decompone => perchè ha una struttura STABILE.
In natura la materia TENDE ALLA STABILITA' molecolare.
Es. il VETRO è stabile (dura millenni), un filo d'erba è instabile e decomponendosi si stabilizza.
Possiamo anche dire che un sinonimo per decomposizione (poco elegante ma esatto) è MINERALIZZAZIONE e si ottiene solamente con due fattori: O+T ossigeno e tempo, quindi il procedimento di affinamento in legno per esempio è una mineralizzazione.
La materia si scompone in atomi più piccoli e quindi più stabili, arrivando essenzialmente all'origine, ACQUA, CENERI e CARBONIO.
Per liberare e fare così in modo che le molecole di minerali (ferro, manganese, calcio, potassio ecc.) siano percepibili, le catene complesse nel vino devono rilasciare questi elementi durante il processo di ossidazione/affinamento/decomposizione.
Chiarito questo elemento, dobbiamo parlare della percezione di mineralità, dovuta alla veicolazione di elementi volatili verso il naso: nel caso degli aromi primari, ad esempio (i terpeni), sono veicolati dai glicosilati, nel caso dello iodio dal cosiddetto "aereosol" del mare, che fa evaporare la battigia e veicola il minerale di iodio.
Nel caso del vino si tratta di composti solforati che veicolano i sali.
Sembra inoltre anche che la scomposizione della SO2 conduca per degenerazione ai sentori di idrocarburo, di petrolio.
Secondo David la mineralità ha maggiore significato in bocca, dove si percepisce la sensazione salina, e là è effettivamente riconducibile ai minerali disciolti.
Abbiamo degustato 7 vini, due Sylvaner, tre Pinot Gris e due Gewurtz.
I primi due erano derivati dallo stesso vigneto, ma uno aveva subito trattamento con SO2, mentre l'altro NO. Il primo era minerale, sentori di pietra focaia, di sasso, mentre il secondo niente, solo in bocca percepivi la sapidità. Scioccante! La SO2 fa percepire i minerali di più, ma rende l'insieme meno armonico!
I pinot gris erano molto diversi e non ci siamo soffermati molto ma avevno diversi gradi di minerale e diverse concentrazioni (o nulle) di SO2.
Infine, dall'ultimo produttore i Gewurtztraminer, il primo con residuo zuccherino (ma non è propriamente come anticamente si faceva in Alsazia) e aromatico da matti... (qui però non ho registrato se avesse oppure no SO2, chiederò a Pietro)
RICAPITOLANDO:
1- Il vino con più minerali al suo interno E' PIU' ARMONICO, è un insieme più coerente
2- Il vino con più ceneri NON E' DETTO che sia il più minerale, dipende dalla QUALITA' dei minerali estratti dalla pianta (esperimento di Lefebvre su 60 campioni alsaziani, il residuo del campione con meno ceneri aveva sensazioni più sapide)
3- Il vino prodotto in zone più ricche di minerali NON E' SEMPRE DETTO che sia minerale, ci sono troppi fattori, tra i quali la filtrazione delle radici ad esempio
4- il vino senza solfiti e naturale è migliore per l'assorbimento dei minerali dal terreno? Nessun esperimento condotto finora, solo sulle acque.
5- La sapidità si percepisce con maggiore certezza IN BOCCA, non al naso, essendo essenzialmente una soluzione di sali.
Una relazione tosta e difficile, alla quale ho potuto attingere solo parzialmente tutte le nozioni, ma ho acquistato la dispensa e me la ripasserò a casa...
Inoltre abbiamo visitato anche la manifestazione LIVEWINE 2015, trovando molti dei produttori visitati a Piacenza, bello poter parlare con Pàcinae asaggiare il suo splendido SYRAH e il tradizionale Chianti declassato dal consorzio, ritrovare Dettori con il Moscadeddu, parlare con Wallace, signora americana, produttrice di Dolcetto di Ovada e molti altri, continuerò a visitare queste manifestazioni "verdi" che credo fermamente siano il futuro dove guardare per il mondo dell'agricoltura e viticoltura nello specifico.
Supportato dall'eccellente Samuel Cogliati (ha scritto il libro sul maltrattamento del territorio nella Champagne, Porthos edizioni) che traduceva all'istante dal francese, il sig. Lefebvre ci ha parlato della Mineralità.
Un sentore fin troppo evocato dai sommelier, a volte a sproposito (ho sentito dire che "siccome non sento nulla di particolare dico che è minerale"), ma perchè diciamo che un vino è minerale?
Si sentono le note di grafite, di pietra focaia, di petrolio, di benzina, iodio, ferro ecc?
Certo che si sentono, David non intende dire che i nostri "fiuti" si sbaglino.
Dice solo che il sale NON HA ODORE, così come lo iodio o il ferro.
Facciamo un passo indietro, perchè la degustazione era DAVVERO tecnica e chi, come me, non ha nessuna base solida in chimica (ma Pietro navigava nell'oro!) arrancava per stare al passo.
Esistono due tipi di materia, ORGANICA e MINERALE.
La materia organica ha odore e si decompone => perchè ha una struttura INSTABILE.
La materia minerale (o inorganica) non ha odore e non si decompone => perchè ha una struttura STABILE.
In natura la materia TENDE ALLA STABILITA' molecolare.
Es. il VETRO è stabile (dura millenni), un filo d'erba è instabile e decomponendosi si stabilizza.
Possiamo anche dire che un sinonimo per decomposizione (poco elegante ma esatto) è MINERALIZZAZIONE e si ottiene solamente con due fattori: O+T ossigeno e tempo, quindi il procedimento di affinamento in legno per esempio è una mineralizzazione.
La materia si scompone in atomi più piccoli e quindi più stabili, arrivando essenzialmente all'origine, ACQUA, CENERI e CARBONIO.
Per liberare e fare così in modo che le molecole di minerali (ferro, manganese, calcio, potassio ecc.) siano percepibili, le catene complesse nel vino devono rilasciare questi elementi durante il processo di ossidazione/affinamento/decomposizione.
Chiarito questo elemento, dobbiamo parlare della percezione di mineralità, dovuta alla veicolazione di elementi volatili verso il naso: nel caso degli aromi primari, ad esempio (i terpeni), sono veicolati dai glicosilati, nel caso dello iodio dal cosiddetto "aereosol" del mare, che fa evaporare la battigia e veicola il minerale di iodio.
Nel caso del vino si tratta di composti solforati che veicolano i sali.
Sembra inoltre anche che la scomposizione della SO2 conduca per degenerazione ai sentori di idrocarburo, di petrolio.
Secondo David la mineralità ha maggiore significato in bocca, dove si percepisce la sensazione salina, e là è effettivamente riconducibile ai minerali disciolti.
Abbiamo degustato 7 vini, due Sylvaner, tre Pinot Gris e due Gewurtz.
I primi due erano derivati dallo stesso vigneto, ma uno aveva subito trattamento con SO2, mentre l'altro NO. Il primo era minerale, sentori di pietra focaia, di sasso, mentre il secondo niente, solo in bocca percepivi la sapidità. Scioccante! La SO2 fa percepire i minerali di più, ma rende l'insieme meno armonico!
I pinot gris erano molto diversi e non ci siamo soffermati molto ma avevno diversi gradi di minerale e diverse concentrazioni (o nulle) di SO2.
Infine, dall'ultimo produttore i Gewurtztraminer, il primo con residuo zuccherino (ma non è propriamente come anticamente si faceva in Alsazia) e aromatico da matti... (qui però non ho registrato se avesse oppure no SO2, chiederò a Pietro)
RICAPITOLANDO:
1- Il vino con più minerali al suo interno E' PIU' ARMONICO, è un insieme più coerente
2- Il vino con più ceneri NON E' DETTO che sia il più minerale, dipende dalla QUALITA' dei minerali estratti dalla pianta (esperimento di Lefebvre su 60 campioni alsaziani, il residuo del campione con meno ceneri aveva sensazioni più sapide)
3- Il vino prodotto in zone più ricche di minerali NON E' SEMPRE DETTO che sia minerale, ci sono troppi fattori, tra i quali la filtrazione delle radici ad esempio
4- il vino senza solfiti e naturale è migliore per l'assorbimento dei minerali dal terreno? Nessun esperimento condotto finora, solo sulle acque.
5- La sapidità si percepisce con maggiore certezza IN BOCCA, non al naso, essendo essenzialmente una soluzione di sali.
Una relazione tosta e difficile, alla quale ho potuto attingere solo parzialmente tutte le nozioni, ma ho acquistato la dispensa e me la ripasserò a casa...
Inoltre abbiamo visitato anche la manifestazione LIVEWINE 2015, trovando molti dei produttori visitati a Piacenza, bello poter parlare con Pàcinae asaggiare il suo splendido SYRAH e il tradizionale Chianti declassato dal consorzio, ritrovare Dettori con il Moscadeddu, parlare con Wallace, signora americana, produttrice di Dolcetto di Ovada e molti altri, continuerò a visitare queste manifestazioni "verdi" che credo fermamente siano il futuro dove guardare per il mondo dell'agricoltura e viticoltura nello specifico.
martedì 17 febbraio 2015
Gruppo di assaggio - terza serata
Un'altra serata dedicata alla palestra gusto olfattiva, questa volta siamo solo in due, ma è difficile conciliare gli impegni di tante persone...
Comunque non ho voluto per questo trattenere il livello dei vini, quindi ho portato delle belle bottiglie.
Bottiglie bendate. Inizio con un vino giallo paglierino, mi viene da pensare, visto il colore e al primo naso, che innanzitutto NON si tratti di un vino aromatico nè semiaromatico, con sentori assolutamente non vegetali, ma fruttati e una buona sensazione di sasso.
In bocca è alcolico, minerale e fresco, che sia un vino friuliano? Penso alla maturità bassa delle uve e a climi freddi... INVECE NO ! Un Grillo in purezza, ma a dire il vero poco identitario a questo punto...
Passiamo al mio primo rosso, colore rosso rubino trasparente, pochissimi antociani, mediamente di corpo e dai sentori tipici, questo era chiaramente al naso un pinot nero.
Poi in bocca, fresco, scorrevolissimo, gran frutto ma anche grande piacevolezza, quasi finita la bottiglia in due!!
Francia, Domaine Lejeune, pinot nero, gran bella bottiglia.
Terzo vino, sempre rosso, grosso nel bicchiere, carico e pesante, sfumature aranciate, chiuso ancora al naso e molto timido.
In bocca davvero carnoso e solido, con sensazioni di marmellata di ciliegie, e a dire il vero, poco altro.
Chianti classico riserva 2009, mi ha deluso.
Ultimo assaggio, il mio sempre valido Burmester PORTO LBV 2005, che bevo da almeno due anni e mi sembra migliori sempre ogni volta... Grandissima complessità e ricchezza sia al naso che in bocca, .
Tranne Lejeune non cito gli altri produttori, non sento il bisogno di ricordarli.
Comunque non ho voluto per questo trattenere il livello dei vini, quindi ho portato delle belle bottiglie.
Bottiglie bendate. Inizio con un vino giallo paglierino, mi viene da pensare, visto il colore e al primo naso, che innanzitutto NON si tratti di un vino aromatico nè semiaromatico, con sentori assolutamente non vegetali, ma fruttati e una buona sensazione di sasso.
In bocca è alcolico, minerale e fresco, che sia un vino friuliano? Penso alla maturità bassa delle uve e a climi freddi... INVECE NO ! Un Grillo in purezza, ma a dire il vero poco identitario a questo punto...
Passiamo al mio primo rosso, colore rosso rubino trasparente, pochissimi antociani, mediamente di corpo e dai sentori tipici, questo era chiaramente al naso un pinot nero.
Poi in bocca, fresco, scorrevolissimo, gran frutto ma anche grande piacevolezza, quasi finita la bottiglia in due!!
Francia, Domaine Lejeune, pinot nero, gran bella bottiglia.
Terzo vino, sempre rosso, grosso nel bicchiere, carico e pesante, sfumature aranciate, chiuso ancora al naso e molto timido.
In bocca davvero carnoso e solido, con sensazioni di marmellata di ciliegie, e a dire il vero, poco altro.
Chianti classico riserva 2009, mi ha deluso.
Ultimo assaggio, il mio sempre valido Burmester PORTO LBV 2005, che bevo da almeno due anni e mi sembra migliori sempre ogni volta... Grandissima complessità e ricchezza sia al naso che in bocca, .
Tranne Lejeune non cito gli altri produttori, non sento il bisogno di ricordarli.
domenica 15 febbraio 2015
Pinot nero italiano, serata ricorrente e di successo alle O.M.
Avevamo già partecipato l'anno scorso alla serata dei pinot neri italiani, ma è giusto continuare a tenere vivido il concetto in mente, tipicità del vitigno e territori.
Molto Trentino Alto Adige e qualche presenza tra Val d'Aosta e Veneto (Buvoli).
Unico campione dalla Valdaosta, quello di Ottin del 2013, come aspettavo, magro, duro e dal tannino crudo, ma al naso donava sensazioni muschiate e terrose, di geosmina.
Un altro solitario campione da una regione, il Friuli VG. e devo dire che non sembrava proprio un pinot nero di questa regione, ma quasi dell'Alto Adige, da Masut Da Rive, azienda della quale dovrò assaggiare la riserva, questo è il base, che comunque aveva riconoscimenti tipici del pinot nero.
Iniziando con i vari prodotti dell'Alto Adige, non hanno sorpreso il Saint Michael Eppan nè il Manicor, ma ad altri colleghi quest'ultimo era piaciuto, a mio avviso chiuso ancora, abbastanza intenso e abbastanza anonimo.
Migliori il tenuta Krantzl, il Pelz e migliore fra tutti questi 2012 è senz'altro il Castel Sallegg che merita di essere menzionato per il suo incredibile rapporto qualità prezzo (qui alle osterie moderne lo davano a 9 euro! Va detto che in enoteca gira intorno ai 18 euro però...) è il vino di punta dell'azienda e la produzione è di circa 3000-3500 bottiglie l'anno.
I due toscani hanno suscitato interesse tra i colleghi di tavolata, forse meglio dei due il Podere Frtuna, che a mio avviso non meritava tanto entusiasmo,io ho adorato i trentini (ma dopo gli atesini) e soprattutto il Dalzocchio , vinificazione con fermentazione spontanea e senza aggiunta di lieviti selezionati , barriques per 18 mesi in cantine del 1700 (leggo dall'opusocolo) con sentori spiccati di cacao amaro e moncherie, davvero ottimo e complesso.
Finale col botto, e conoscendo le degustazioni delle osterie, non accade spesso, il Marco Buvoli, del 2003.
Mai sentito un pinot nero così sono rimasto spiazzato, arrivava a terziari incredibili, frutta passita, canditi, mostarda, polvere di caffè... Beh non ha bisogno di altri commenti, fantastico.
Molto Trentino Alto Adige e qualche presenza tra Val d'Aosta e Veneto (Buvoli).
Unico campione dalla Valdaosta, quello di Ottin del 2013, come aspettavo, magro, duro e dal tannino crudo, ma al naso donava sensazioni muschiate e terrose, di geosmina.
Un altro solitario campione da una regione, il Friuli VG. e devo dire che non sembrava proprio un pinot nero di questa regione, ma quasi dell'Alto Adige, da Masut Da Rive, azienda della quale dovrò assaggiare la riserva, questo è il base, che comunque aveva riconoscimenti tipici del pinot nero.
Iniziando con i vari prodotti dell'Alto Adige, non hanno sorpreso il Saint Michael Eppan nè il Manicor, ma ad altri colleghi quest'ultimo era piaciuto, a mio avviso chiuso ancora, abbastanza intenso e abbastanza anonimo.
Migliori il tenuta Krantzl, il Pelz e migliore fra tutti questi 2012 è senz'altro il Castel Sallegg che merita di essere menzionato per il suo incredibile rapporto qualità prezzo (qui alle osterie moderne lo davano a 9 euro! Va detto che in enoteca gira intorno ai 18 euro però...) è il vino di punta dell'azienda e la produzione è di circa 3000-3500 bottiglie l'anno.
I due toscani hanno suscitato interesse tra i colleghi di tavolata, forse meglio dei due il Podere Frtuna, che a mio avviso non meritava tanto entusiasmo,io ho adorato i trentini (ma dopo gli atesini) e soprattutto il Dalzocchio , vinificazione con fermentazione spontanea e senza aggiunta di lieviti selezionati , barriques per 18 mesi in cantine del 1700 (leggo dall'opusocolo) con sentori spiccati di cacao amaro e moncherie, davvero ottimo e complesso.
Finale col botto, e conoscendo le degustazioni delle osterie, non accade spesso, il Marco Buvoli, del 2003.
Mai sentito un pinot nero così sono rimasto spiazzato, arrivava a terziari incredibili, frutta passita, canditi, mostarda, polvere di caffè... Beh non ha bisogno di altri commenti, fantastico.
domenica 8 febbraio 2015
I distillati di Capovilla, grande maestro da Rosà
Dopo aver letto un post dal blog di Scanzi, mi sono sempre chiesto quale fosse la qualità e la complessità dei distillati prodotti da Capovilla, a Rosà (VI).
Ieri pomeriggio ho avuto modo non solo di sentirlo dallo stesso produttore, ma anche di provarli di persona e rimanere basito.
normalmente un veneto conosce la grappa fin da diciottenne, tra amici si beve anche quasi per sfida, perchè spesso non piace, si deve fartela piacere perchè la bevono tutti...
In realtà con il tempo (tanto tempo) si riesce a escludere quel muro alcolico che pervade le narici e a capire qualcosa di più.
Il Maestro ieri ci ha insegnato dei trucchi per degustare meglio un distillato, innanzitutto NON si deve considerare il sentore predominante come identificativo del prodotto impiegato, se non contiene sufficienti terpeni aromatici. Mi spiego meglio: se avete di fronte una grappa di Amarone non dovrete ricercare nel profumo le sensazioni di vinaccia, oppure nel distillato di ciliegie selvatiche le sensazioni di frutta fresca.
Si deve prima di tutto capire il giusto bicchiere, ce ne sono molti e di svariate forme, in generale bisogna capire la "pancia", il "camino" e la meccanica di centrifuga, per adeguare la tipologia di profumi al bicchiere. Per esempio una grappa di amarone non ha grandi profumi, perchè lavora più sulla potenza di estratto e di intensità in bocca, quindi non serve convogliare gli aromi. Invece una grappa di Traminer aromatico va valorizzata, con la grande quantità di terpeni ottenuti.
Anche altra frutta contiene molti terpeni (tutta la frutta ne ha ma alcune tipologie ne hanno maggiori e migliori quantità) come le pere o le albicocche per esempio.
Per ultimo il consiglio più pratico, un soffio nel bicchiere per togliere l'alcool in eccesso e via dentro col naso.
Ci ha raccontato (dopo il video di presentazione, fotografia eccellente e anche il montaggio) la sua realtà aziendale, la ricerca della qualità e la assoluta mancanza di elementi (anche se consentiti) aggiuntivi, fino a 50 gr litro di sostanze aromatiche, zuccheri e altre molecole.
Non so se sia un botanico, ma conosce tantissime varietà e ne ricerca sempre di nuove, quasi più per suo diletto che per reale fabbisogno commerciale... er esempio il distillato di BIRRA ! Oppure il tentativo di aggiungere il tabacco alla distillazione... Dovreste vederlo come si arrampica sugli alberi alla sua età!
Primo distillato: GRAPPA di AMARONE, assolutamente nessuna sensazione erbacea, ma dolce, in bocca potente, morbida (presente solamente lo zucchero dell'uva nelle vinacce), lunga, di corpo e a dire il vero meno d'impatto rispetto ad altre già degustate. Poi, masticando a bocca vuota, grande sensazione di pulizia e piacevolmente dolce, non saprei, come di frutta secca... Lunghissima.
Secondo, GRAPPA di TRAMINER AROMATICO, floreale stupendo iniziale molto intenso, di mughetto (non mi veniva, bravo Pietro) e altri fiori secchi. La differenza tra un prodotto commerciale e Capovilla sta nella multisfaccettatura delle sue creazioni, è come andare in un cinema 3D... Resta infatti un percorso speziato, come di cannella e chiodi di garofano (questi ultimi nominati dal Maestro)
Da sorseggiare ancora e ancora, va centellinata.
Secondo: GRAPPA di VISCIOLE, al naso mi ricorda le nocciole, nessun richiamo alle ciliegie, ma sappiamo perchè, con quello scarso rapporto polpa/nocciolo. Poi si diffonde un aroma dolce ma tenue di fiori secchi, forse di ciliegio?
Terzo: DISTILLATO DI PERE immediato il richiamo alla pera, l'unico distillato della serata che aveva immediato riflesso e riconducibilità al prodotto impiegato per ottenerlo. Pera riconosciuta da tutti, forse anche la pera nella sua interezza, con la buccia e i semini. Veramente piacevole.
Quarto: DISTILLATO di PRUGNE E SUSINE, si potrebbe dire che detto così non sia molto invitante. SBAGLIATO, nessun prodotto di Capovilla è da prendere sottogamba, in questo caso abbiamo un distillato che ha fatto affinamento (anzi, come dice lui, che "ha riposato") per 7-8-9 anni in legno francese, lui a volte riesce a farsi dare le barrique da Yquem, per la enorme qualità di legno che hanno. Ambrato, sentori caramellati al naso, croccante di mandorle al miele, sensazioni di fiori secchi. In bocca è incredibile, un caleidoscopio di mille emozioni sensoriali. Continuamente la mente si rinnova per cercare delle spiegazioni sfuggenti che non riesce a cogliere, per poi trovarsi ancora smarrita ma appagata allo stesso tempo.
Sorseggiatelo lontano dai pasti se volete con del cioccolato amaro, ma anche da solo.
Finale con un soave 2013 per pulire la bocca che a dire il vero non serviva proprio, considerata la enorme persistenza e potenza dell'ultimo distillato del Maestro. (il quale aveva richiesto delle bollicine)
Dobbiamo andarlo a visitare, questo ultimo Maestro dei distillati, che vorrei ricordare con la citazione da lui stesso pronunciata ieri del Grande Veronelli (appassionato dei suoi distillati) gli disse: "se non li fai tu questi distillati, non li farà più nessuno".
Ieri pomeriggio ho avuto modo non solo di sentirlo dallo stesso produttore, ma anche di provarli di persona e rimanere basito.
normalmente un veneto conosce la grappa fin da diciottenne, tra amici si beve anche quasi per sfida, perchè spesso non piace, si deve fartela piacere perchè la bevono tutti...
In realtà con il tempo (tanto tempo) si riesce a escludere quel muro alcolico che pervade le narici e a capire qualcosa di più.
Il Maestro ieri ci ha insegnato dei trucchi per degustare meglio un distillato, innanzitutto NON si deve considerare il sentore predominante come identificativo del prodotto impiegato, se non contiene sufficienti terpeni aromatici. Mi spiego meglio: se avete di fronte una grappa di Amarone non dovrete ricercare nel profumo le sensazioni di vinaccia, oppure nel distillato di ciliegie selvatiche le sensazioni di frutta fresca.
Si deve prima di tutto capire il giusto bicchiere, ce ne sono molti e di svariate forme, in generale bisogna capire la "pancia", il "camino" e la meccanica di centrifuga, per adeguare la tipologia di profumi al bicchiere. Per esempio una grappa di amarone non ha grandi profumi, perchè lavora più sulla potenza di estratto e di intensità in bocca, quindi non serve convogliare gli aromi. Invece una grappa di Traminer aromatico va valorizzata, con la grande quantità di terpeni ottenuti.
Anche altra frutta contiene molti terpeni (tutta la frutta ne ha ma alcune tipologie ne hanno maggiori e migliori quantità) come le pere o le albicocche per esempio.
Per ultimo il consiglio più pratico, un soffio nel bicchiere per togliere l'alcool in eccesso e via dentro col naso.
Ci ha raccontato (dopo il video di presentazione, fotografia eccellente e anche il montaggio) la sua realtà aziendale, la ricerca della qualità e la assoluta mancanza di elementi (anche se consentiti) aggiuntivi, fino a 50 gr litro di sostanze aromatiche, zuccheri e altre molecole.
Non so se sia un botanico, ma conosce tantissime varietà e ne ricerca sempre di nuove, quasi più per suo diletto che per reale fabbisogno commerciale... er esempio il distillato di BIRRA ! Oppure il tentativo di aggiungere il tabacco alla distillazione... Dovreste vederlo come si arrampica sugli alberi alla sua età!
Primo distillato: GRAPPA di AMARONE, assolutamente nessuna sensazione erbacea, ma dolce, in bocca potente, morbida (presente solamente lo zucchero dell'uva nelle vinacce), lunga, di corpo e a dire il vero meno d'impatto rispetto ad altre già degustate. Poi, masticando a bocca vuota, grande sensazione di pulizia e piacevolmente dolce, non saprei, come di frutta secca... Lunghissima.
Secondo, GRAPPA di TRAMINER AROMATICO, floreale stupendo iniziale molto intenso, di mughetto (non mi veniva, bravo Pietro) e altri fiori secchi. La differenza tra un prodotto commerciale e Capovilla sta nella multisfaccettatura delle sue creazioni, è come andare in un cinema 3D... Resta infatti un percorso speziato, come di cannella e chiodi di garofano (questi ultimi nominati dal Maestro)
Da sorseggiare ancora e ancora, va centellinata.
Secondo: GRAPPA di VISCIOLE, al naso mi ricorda le nocciole, nessun richiamo alle ciliegie, ma sappiamo perchè, con quello scarso rapporto polpa/nocciolo. Poi si diffonde un aroma dolce ma tenue di fiori secchi, forse di ciliegio?
Terzo: DISTILLATO DI PERE immediato il richiamo alla pera, l'unico distillato della serata che aveva immediato riflesso e riconducibilità al prodotto impiegato per ottenerlo. Pera riconosciuta da tutti, forse anche la pera nella sua interezza, con la buccia e i semini. Veramente piacevole.
Quarto: DISTILLATO di PRUGNE E SUSINE, si potrebbe dire che detto così non sia molto invitante. SBAGLIATO, nessun prodotto di Capovilla è da prendere sottogamba, in questo caso abbiamo un distillato che ha fatto affinamento (anzi, come dice lui, che "ha riposato") per 7-8-9 anni in legno francese, lui a volte riesce a farsi dare le barrique da Yquem, per la enorme qualità di legno che hanno. Ambrato, sentori caramellati al naso, croccante di mandorle al miele, sensazioni di fiori secchi. In bocca è incredibile, un caleidoscopio di mille emozioni sensoriali. Continuamente la mente si rinnova per cercare delle spiegazioni sfuggenti che non riesce a cogliere, per poi trovarsi ancora smarrita ma appagata allo stesso tempo.
Sorseggiatelo lontano dai pasti se volete con del cioccolato amaro, ma anche da solo.
Alcuni prodotti affinati di Capovilla |
Dobbiamo andarlo a visitare, questo ultimo Maestro dei distillati, che vorrei ricordare con la citazione da lui stesso pronunciata ieri del Grande Veronelli (appassionato dei suoi distillati) gli disse: "se non li fai tu questi distillati, non li farà più nessuno".
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venerdì 6 febbraio 2015
Corso di approfondimento - terza serata, gli spumanti !!
Come Veneto (e lasciamo stare Oliviero Toscani) apprezzo atavicamente il prosecco e gli spumanti, e in questa serata abbiamo fatto un bel ripasso dei metodi Charmat e Champenoise.
Ero curioso di assaggiare i vini proposti, tra i quali il FERRARI PERLE', un classicone, non si sbaglia, ma non posso dire di essere stato entusiasta degli altri, un Oltrepo Pavese, un Franciacorta e un Rosè, non ricordo se metodo classico o in autoclave.
Poca traccia della serata dal punto di vista organolettico TRANNE per il primo vino, un DURELLO prodotto in 2000 esemplari, dall'azienda CORTE MOSCHINA.
Un durello affinato sulle fecce fini per 60 mesi, che ha acquisito ricchezza al naso di agrumi, radice di liquirizia e sensazioni citrine in bocca. Fresco e verticale, non crederete ai vostri palati.
Gran bella scoperta, segno l'azienda per una futura visita.
Proposta interessante dai signori in sala, allungare la serie di lezioni almeno di una per poter assaggiare anche qualche vino dal mondo... Ben venga!
Ero curioso di assaggiare i vini proposti, tra i quali il FERRARI PERLE', un classicone, non si sbaglia, ma non posso dire di essere stato entusiasta degli altri, un Oltrepo Pavese, un Franciacorta e un Rosè, non ricordo se metodo classico o in autoclave.
Poca traccia della serata dal punto di vista organolettico TRANNE per il primo vino, un DURELLO prodotto in 2000 esemplari, dall'azienda CORTE MOSCHINA.
Un durello affinato sulle fecce fini per 60 mesi, che ha acquisito ricchezza al naso di agrumi, radice di liquirizia e sensazioni citrine in bocca. Fresco e verticale, non crederete ai vostri palati.
Gran bella scoperta, segno l'azienda per una futura visita.
Proposta interessante dai signori in sala, allungare la serie di lezioni almeno di una per poter assaggiare anche qualche vino dal mondo... Ben venga!
domenica 1 febbraio 2015
Una nuova esperienza, nel mondo del formaggio francese
Ho accettato l'invito del mitico Pietro per tentare un'esperienza collegata al mondo della sommelierie soprattutto gastronomica, presso la nuovissima sede della FERROWINE a Castelfranco Veneto.
Mai avrei pensato che sarebbe stata non solo così appagante, ma anche una di quelle giornate che aprono strade ad altre passioni.
Innanzitutto vorrei che tutti conoscessero questo paradiso in terra dell'enogastronomia, allego una foto dell'interno, andateci, ve lo consigio vivamente!
Appena entrate si percepisce nettamente il sentore del legno nuovo e venite accolti dal personale giovane, sorridente e dinamico.
Tutti gli scaffali sono suddivisi per regioni e al secondo piano ci sono i vini del mondo, affiancati da prodotti delle varie regioni, pasta, biscotti ecc.
Non ho visto la parte dei formaggi, ma sicuramente ne hanno, dovrò visitarlo con più calma. A coloro ai quali piace leggere può interessare una piccola ma ben presentata sezione di letture a tema e non dimentichiamo la zona delle birre acide e artigianali e dei distillati!
Poi se riuscite a scendere per visitare il caveau, troverete i vini migliori al momndo, tutti i nomi che potete pensare, dal Masseto al Sassicaia, dal Chateau Haut Brion al mitico Petrus (3200 euro).
La degustazione a cui ho partecipato ha avuto come tema il formaggio francese artigianale, anche se si deve precisare la differenza tra FROMAGE FERMIER ( fattorie produttrici che non rientrano nei disciplinari AOP) e formaggi AOP, a volte rientranti nelle produzioni industriali.
Bella e asettica la sala di degustazione, molto moderna, abbiamo iniziato l'orologio di formaggi con un BANDON AOP, caprino, piccola taglia, interno cremoso e poco animale, ottimo complessivamente con la crosta, abbinamento con ULY, da petit manseng, vino vegetale dai sentori di bosso, leggero ma adatto al primo formaggio.
Saint Maure de Touraine, un formaggio stranissimo dalla forma tubolare e avvolto nella cenere, inoltre ha un filo di paglia al suo interno che lo rende originalissimo! (lo mettono solo se artigianale)
Pasta collosa, la lingua diventa grassa e ruvida, assieme alla crosta è ricco, un gusto persistente e dal finale amaricante. Meglio con questo il secondo vino, un gewurtztraminer alsaziano.
Qui la discussione si accende, in quanto l'abbinamento ideale è il pareggiare con ogni sorso ogni morso di cibo, mentre Emilio, il relatore, enogastronomo e anche sommelier, chiede di sentire la lunga persistenza del formaggio alla fine. Non ha torto a dire il vero, in effetti per lui la massima aspirazione è la valorizzazione dei prodotti che lui commercializza.... Bella discussione comunque.
Proseguiamo con un formaggio corso, il Brin d'Amour, forma un po' più grande (i francesi concepiscono il formaggio come già affinato al momento dell'acquisto, pertanto le forme sono tutte piccole o piccolissime) e tutto avvolto in una crosta di erbe aromatiche, ginepro, salvia e rosmarino, inoltre la parte dell'unghia aveva scavallato (tra la crosta e la polpa, se succedesse in Italia sarebbe un difetto, invece loro lo considerano un pregio) e rendeva cremoso l'assaggio, aromatico e intenso.
Difficile l'abbinamento, troppa aromaticità, che con il secondo vino risultava amara e con il verduzzo vendemmia tardiva troppo scomposto.
Arriviamo al MUNSTER alsaziano, famoso per la sua intensità (diciamocelo puzzava tantissimo!!) odorosa, tanto che aprendolo si percepiva fuori dalla stanza, ho storto il naso...pensate averlo nel piatto assieme agli altri. Nel complesso farinoso e potentissimo ma meno stimolante degli altri, a mio gusto. Abbinamento con il verduzzo ottimo, sensazioni dolci di miele e nocciola prolungate nel finale.
Ultimo un erborinato, assomigliava ad un gorgonzola, il BLEU de BRESSE a crosta fiorita, siamo nella Loira, profumo di fungo champignon, assaggio cremoso e aromatico, ottimo formaggio ma abbinamento non piacevole con i tre vini proposti. Concorda con me Emilio.
Qualcuno ha suggerito eventuali abbinamenti con le marc, le grappe francesi, a non sono convinto della piacevolezza, dovremo provare!
Grazie a Pietro e a Pierangelo per la possibilità concessami, arrivederci a sabato prossimo
Mai avrei pensato che sarebbe stata non solo così appagante, ma anche una di quelle giornate che aprono strade ad altre passioni.
Innanzitutto vorrei che tutti conoscessero questo paradiso in terra dell'enogastronomia, allego una foto dell'interno, andateci, ve lo consigio vivamente!
Dal loro sito, l'interno |
Tutti gli scaffali sono suddivisi per regioni e al secondo piano ci sono i vini del mondo, affiancati da prodotti delle varie regioni, pasta, biscotti ecc.
Non ho visto la parte dei formaggi, ma sicuramente ne hanno, dovrò visitarlo con più calma. A coloro ai quali piace leggere può interessare una piccola ma ben presentata sezione di letture a tema e non dimentichiamo la zona delle birre acide e artigianali e dei distillati!
Poi se riuscite a scendere per visitare il caveau, troverete i vini migliori al momndo, tutti i nomi che potete pensare, dal Masseto al Sassicaia, dal Chateau Haut Brion al mitico Petrus (3200 euro).
La degustazione a cui ho partecipato ha avuto come tema il formaggio francese artigianale, anche se si deve precisare la differenza tra FROMAGE FERMIER ( fattorie produttrici che non rientrano nei disciplinari AOP) e formaggi AOP, a volte rientranti nelle produzioni industriali.
Bella e asettica la sala di degustazione, molto moderna, abbiamo iniziato l'orologio di formaggi con un BANDON AOP, caprino, piccola taglia, interno cremoso e poco animale, ottimo complessivamente con la crosta, abbinamento con ULY, da petit manseng, vino vegetale dai sentori di bosso, leggero ma adatto al primo formaggio.
Il Saint Maure de Touraine, dal web |
Pasta collosa, la lingua diventa grassa e ruvida, assieme alla crosta è ricco, un gusto persistente e dal finale amaricante. Meglio con questo il secondo vino, un gewurtztraminer alsaziano.
Qui la discussione si accende, in quanto l'abbinamento ideale è il pareggiare con ogni sorso ogni morso di cibo, mentre Emilio, il relatore, enogastronomo e anche sommelier, chiede di sentire la lunga persistenza del formaggio alla fine. Non ha torto a dire il vero, in effetti per lui la massima aspirazione è la valorizzazione dei prodotti che lui commercializza.... Bella discussione comunque.
Proseguiamo con un formaggio corso, il Brin d'Amour, forma un po' più grande (i francesi concepiscono il formaggio come già affinato al momento dell'acquisto, pertanto le forme sono tutte piccole o piccolissime) e tutto avvolto in una crosta di erbe aromatiche, ginepro, salvia e rosmarino, inoltre la parte dell'unghia aveva scavallato (tra la crosta e la polpa, se succedesse in Italia sarebbe un difetto, invece loro lo considerano un pregio) e rendeva cremoso l'assaggio, aromatico e intenso.
Difficile l'abbinamento, troppa aromaticità, che con il secondo vino risultava amara e con il verduzzo vendemmia tardiva troppo scomposto.
Arriviamo al MUNSTER alsaziano, famoso per la sua intensità (diciamocelo puzzava tantissimo!!) odorosa, tanto che aprendolo si percepiva fuori dalla stanza, ho storto il naso...pensate averlo nel piatto assieme agli altri. Nel complesso farinoso e potentissimo ma meno stimolante degli altri, a mio gusto. Abbinamento con il verduzzo ottimo, sensazioni dolci di miele e nocciola prolungate nel finale.
Ultimo un erborinato, assomigliava ad un gorgonzola, il BLEU de BRESSE a crosta fiorita, siamo nella Loira, profumo di fungo champignon, assaggio cremoso e aromatico, ottimo formaggio ma abbinamento non piacevole con i tre vini proposti. Concorda con me Emilio.
Qualcuno ha suggerito eventuali abbinamenti con le marc, le grappe francesi, a non sono convinto della piacevolezza, dovremo provare!
Grazie a Pietro e a Pierangelo per la possibilità concessami, arrivederci a sabato prossimo
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