Trovo i bianchi molto più difficili da scoprire rispetto ai rossi, ma anche molto più "sinceri", nel senso che se qualcosa non va lo capisci sempre molto velocemente...
Ieri sera abbiamo deciso di fare una serata di soli bianchi, senza limiti di tipologia, senza ordine e alla cieca, tranne per i soli due ancestrali, che abbiamo degustato all'inizio.
Ho ancora perplessità per quanto riguarda l'ordine dei campioni, ci sono alcune versioni discordanti e ognuna con la sua dose di ragione; mi spiego meglio, iniziare prima con le bollicine? Sì, però se il percorso sarà medio-lungo, delle bollicine a metà rinfrescano e aiutano...
Iniziare con i vini più giovani? Sì, ma così facendo, alla fine potreste trovarvi ad avere i sensi stanchi, appesantiti...
Per questo abbiamo pensato di non curarci della scaletta e procedere mantenendo i campioni maggiormente interessanti nei calici per riascoltarli.
Inizio con i due petillant, chiaramente due ancestrali, ovviamente torbidi, il primo dei quali era stranamente di tonalità rosa antico, dal naso selvatico, animale, più che da lievito, molto da crosta di formaggio per capirsi... Poi si è aperto e la situazione è cambiata, in bocca era davvero intrigante e ricco, pieno di gusto, non fruttato ma molto amaro. Lo trovo difficile a dire il vero in una tavola di ristorante (era il BELFI colfondo); il secondo era quello che avevo portato io, il Casa Coste Piane, per il quale avevo molte speranze, al confronto era poco intenso, citrino, meno persistente e a dire il vero più fruttato. Lontano dall'idea che un bevitore medio di prosecco potrebbe farsi, qui non ho sentito nè mela nè pera. Finale amaro come è giusto che sia, adesso vorrei assaggiare il Brichet. Ne parla anche Scanzi qui.
Proseguiamo speranzosi, pur sapendo che siamo diventati più esigenti col tempo, con un campione non particolarmente limpido, dorato. Chiaramente siamo di fronte ad un vino naturale. Note floreali intense di ginestra, ossidazione lieve (poi scopro essere un anforato!), vibrante in bocca, calso, ma elegante, entra e resta senza stordire. Qualcuno nomina il ginepro, il mirto, sembra quasi un vino dai profumi sardi di macchia mediterranea, e mi viene da sorridere scoprendo che si tratta della Nosiola della Foradori, anforata. Gran bel bere, fine e stimolante. a 30 e più euro però sono un po' perplesso sul rapporto q/p.
Quarto campione, stiamo cominciando a riscaldarci. Limpido, quasi brillante, dorato freddo, naso molto stimolante, frutta matura, pesca gialla, forse albicocca, una pungenza interessante come di zenzero candito, poi ... la delusione atroce in bocca, vellutato, oleoso e finto. Mieloso e burroso, nessuno stimolo di salivazione, pesantemente spostato sulle morbidezze. Banalotto.
Era un toscano della Veive, composto da vitigni francesi, come il viogner, nessuna piacevolezza però.
Quinto assaggio, il RE della serata, una chicca enologica vera e propria, scalini e scalini sopra tutti gli altri. Dorato caldo. Leggermente opaco, grande corpo e pesantezza nel calice.
Ossidazione positiva, di noci, anche nocino direi, richiami di distillati dolci, rhum, carrube, incenso, miele di castagno. Che vino. In bocca esplode, variegato, con la sua complessità fa percepire anche un tannino che rende ruvida la lingua al centro, unia pecca forse una apparente carenza di sapidità.
Era il RAPATEL bianco, che dire, omaggi al grande maestro francese che ci ha fatto emozionare veramente, temo che gli altri campioni spariranno davanti a questo mostro sacro dei bianchi... a 9 euro a bottiglia (senza Iva).
Sesto, il mio secondo contributo della serata, delusione assoluta, ma esempio di come il mondo dei vini convenzionali mi appartenga sempre meno. Brillante dorato scarico. Naso misterioso, quindi indecifrabile, forse per la complessità "stretta"? No, in bocca è una disfatta di acquosa memoria.
Note di burro tostato e vaniglia E BASTA. Laura Aschero, vermentino, no grazie, non fa per me. La Liguria che adoro è lontana.
Complimenti per tutti i grandi premi che vedo ha vinto, a questo punto mi chiedo chi fa le degustazioni professionali, e come fa a gudicare, mah.
Ultimo assaggio, il settimo, bianco carta, ahia. Il naso è evidentemente parlante, vanillina, zucchero vanigliato, caramella d'orzo E BASTA. Non vorrei neanche degustarlo, comunque mi sforzo e confermo, a parte una punta di acidità non trovo molto altro da descrivere.
Un riesling alsaziano smorto e ultimo tra i grandi, anzi ultimo tra i piccoli. Ah anche questo ha vinto premi, non ho neanche segnato il produttore, che è stato addirittura consigliato da un'enoteca.
Questi assaggi mi hanno stimolato a riflettere, davvero il mondo del vino come ce lo propinano è così dannatamente lontano e surreale rispetto al vino cosiddetto Vivente?
I premi non sono realistici.
Le guide non vanno lette.
Lasciamo stare e beviamo quello che piace a noi e non agli altri, basta grande fratello enologico!
Con questo blog desidero ricordare, discutere, approfondire e divulgare la mia e nostra passione, il VINO ! Sono sommelier AIS non professionista, da luglio 2013 e mi piace avere sempre qualcosa di nuovo da imparare di questo vastissimo mondo, l'enogastronomia.
giovedì 1 ottobre 2015
domenica 6 settembre 2015
Una bella scoperta in centro a Dolo, il nuovo locale "Comandi!"
Vi è mai capitato di dover cercare un ristorantino diverso per soddisfare le esigenze della vostra dolce ma esigente metà?
A me succede ogni tanto, e non sempre mi riesce di scovare una sorpresa, in questo caso voglio descrivere l'esperienza (dopo averlo trovato su Tripadvisor) al ristorante "Comandi!" sopra al centro Wikind a Dolo.
Gnocchetti alle erbette, vellutata di peperone e mandorle |
Per tutti coloro che stanno leggendo e trovano i vegani ECOFREAK, natural chic e fuori dal mondo, consiglio comunque questo ristorante perchè hanno anche stupendi piatti di pesce e carne, vi rimando al loro sito qui.
Provate ad andarci al tramonto, sulla terrazza si sta prorio bene!
Acqua microfiltrata compresa nel prezzo del coperto, vini naturali in abbinamento ad ogni portata, personale competente e motivato, filosofia natural, sono alcune delle premesse che mi hanno elettrizzato fin dall'inizio.
Un ottimo gewurtztraminer, così familiarmente intenso e potente, era adeguato all'antipasto/composizione di insalata, mela secca, fiori eduli
Il mio invece era una versione cruda della parmigiana di zucchine con della mozzarella stracciatella molto saporita.
Primo piatto coloratissimo, abbiamo entrambi scelto gli gnocchetti, su toni arancio e intensi per me (abbinati ad un riesling, forse non all'altezza del nome, ma ugualmente ottimo), e una versione con le patate viola, non solo vivaci ma intense.
Intermezzo con un omaggio della casa, due calici di un particolarissimo macerato friulano, di una grande complessità, ricchissimo di sentori, purtroppo non ho annotato il produttore, dovrò chiederlo, ma non era uno dei noti maestri friulani degli orange wines.
Per finire il dolce, anche se eravamo davvero strapieni. Ho scelto un "American Trip", un viaggio per confondere i sensi, un "hamburgher" di pane al cacao, al posto della carne un flan di frutta e come patate fritte delle chips di banana croccante.
La foto che ho inserito è del secondo dessert, gelato al cedro, molto dissentante, senza latte, fragole e croccante di riso al cacao.
Che dire, dobbiamo tornarci!!!
Gelato al cedro, senza latte, fragole e croccante di riso soffiato e cioccolato |
venerdì 24 luglio 2015
Antonio Ligabue, il produttore sinergico
Finalmente posso parlare del mio produttore preferito, Fausto Ligabue, dell'azienda Antonio Ligabue!
Chiariamoci, non ha parentela nè con cantanti nè con pittori, è unico...
Chiara ed io lo abbiamo conosciuto alla Sorgente del Vino a Piacenza e non me lo sono mai tolto dalla mente, perchè è l'unico che io conosca che lavora la vigna in sinergico.
Ci ha portato i suoi vini (Muller e Fumin) di persona, stasera, con un bonus, una magnum di petite Arvine che abbiamo aperto subito.
Colore giallo velato, il vino emanava aromi solo a versarlo nel bicchiere, sintomo di grande potenza olfattiva. Appena messo al naso la carbonica esprimeva tutta la grande sensazione salina di cui era dotato, figlio del territorio calcareo nelle colline bresciane. Ricco di estratto ma al tempo stesso povero di alcool (11,5 gradi); mandarino, agrumi. Ricordi lontani di mare, come di colatura di alici, come dice lui, è zona di fossili derivati dalle acque che poi si sono ritirate nella preistoria; grande pulizia, nessuna sbavatura, secco e persistente.
Un vino eccellente. Bravo Fausto, ci hai fatto una bella sorpresa!
Assieme alla mia schiacciata con crudo, bufala e melone (particolare pizza del giorno) l'abbinamento non era sbagliato, anzi, il vino veniva valorizzato.
Quando si trova una persona che ha gli stessi interessi la serata vola, infatti abbiamo discusso di riproduzione massale, dell'influenza delle guide, della difficoltà di coltivare in zone impervie (il suo cinghiale bianco non è riuscito a produrlo le ultime annate, essendo troppo alti e ripidi i vigneti a 800 mt rischiava di farsi male!), la bellezza e la sicurezza della strada naturale, insomma, una serata di chiacchere e convivialità.
A presto, Fausto, spero di rincontrarti a casa tua, e ti prometto che divulgherò quello che so sui tuoi valori e sulla importanzaa del nutrirsi in modo sano, perchè no, anche bevendo un buon bicchiere di vino (il tuo magari).
Chiariamoci, non ha parentela nè con cantanti nè con pittori, è unico...
Chiara ed io lo abbiamo conosciuto alla Sorgente del Vino a Piacenza e non me lo sono mai tolto dalla mente, perchè è l'unico che io conosca che lavora la vigna in sinergico.
Ci ha portato i suoi vini (Muller e Fumin) di persona, stasera, con un bonus, una magnum di petite Arvine che abbiamo aperto subito.
Colore giallo velato, il vino emanava aromi solo a versarlo nel bicchiere, sintomo di grande potenza olfattiva. Appena messo al naso la carbonica esprimeva tutta la grande sensazione salina di cui era dotato, figlio del territorio calcareo nelle colline bresciane. Ricco di estratto ma al tempo stesso povero di alcool (11,5 gradi); mandarino, agrumi. Ricordi lontani di mare, come di colatura di alici, come dice lui, è zona di fossili derivati dalle acque che poi si sono ritirate nella preistoria; grande pulizia, nessuna sbavatura, secco e persistente.
Un vino eccellente. Bravo Fausto, ci hai fatto una bella sorpresa!
Assieme alla mia schiacciata con crudo, bufala e melone (particolare pizza del giorno) l'abbinamento non era sbagliato, anzi, il vino veniva valorizzato.
Quando si trova una persona che ha gli stessi interessi la serata vola, infatti abbiamo discusso di riproduzione massale, dell'influenza delle guide, della difficoltà di coltivare in zone impervie (il suo cinghiale bianco non è riuscito a produrlo le ultime annate, essendo troppo alti e ripidi i vigneti a 800 mt rischiava di farsi male!), la bellezza e la sicurezza della strada naturale, insomma, una serata di chiacchere e convivialità.
A presto, Fausto, spero di rincontrarti a casa tua, e ti prometto che divulgherò quello che so sui tuoi valori e sulla importanzaa del nutrirsi in modo sano, perchè no, anche bevendo un buon bicchiere di vino (il tuo magari).
domenica 12 luglio 2015
Degustazione al Giardinetto 10 luglio
Molti sono stati gli eventi che mi hanno impegnato, nel mio piccolo, in questi mesi.
Il blog ha avuto un calo di attenzione da parte mia, ora anche a causa del tornado di forza F4 che ha recentemente colpito le mie terre.
Venerdì comunque abbiamo organizzato una piccola degustazione, per non perdere la pratica, presso il Giardinetto di Mira dagli amici Chiara ed Alberto.
Premetto che il corso con Sangiorgi mi ha cambiato completamente il modo di degustare il vino e non riesco (purtroppo o per fortuna) a degustare vini "convenzionali".
Questo sta diventando sempre più un problema per me in quanto ho modificato la mia passione per ricercare solo i vini che vengono da Sandro considerati "buoni" (cioè 1. DIGERIBILE 2. IMPREVEDIBILE 3. DI TERROIR).
La domanda che mi sto ponendo infatti a questo punto della mia esperienza è: qual'è il limite sensoriale tra i cosiddetti vini convenzionali e i vini biodinamici o anche naturali? Trovandolo probabilmente potremmo capire meglio gli insegnamenti del corso naturale.
Abbiamo allora portato delle bottiglie che potessero confonderci i sensi al punto di poter sbagliarci.
Rigorosamente alla cieca abbiamo ricevuto i campioni a coppie per avere il confronto:
1. Primo campione, paglierino velato, dal colore spento, opaco.
Naso con accenni aromatici, dico accenni in quanto era molto delicato al naso. Poi erbe aromatiche da cucina, salvia e un tenue rosmarino. Fiori bianchi di cesuglio, biancospino e sambuco.
Buona alcolicità considerata la tipologia, infatti sembra poco complesso.
In bocca è sapido e amarognolo, sono i lieviti in sospensione. Dopo qualche secondo emerge una sensazione dolciastra.
Questo l'ho riconosciuto, era uno dei miei vini. Si trattava della malvasia colfondo di Toni Bigai, A MI MANERA.
A dire il vero non ci ha convinto, molto prevedibile e fermo, immobile. Si riconosceva non essere un vino naturale, forse era ingessato da troppa solforosa.
Non sono riuscito in questo caso a trovare il vino al limite tra convenzionale e naturale. Era troppo convenzionale. A 5 euro però ci stava, ad altri che lo hanno degustato è piaciuto.
2. Paglierino carico, consistente.
Note ossidate al naso , come durante un temporale il senso di ozono nell'aria, muschio, zenzero e galak, il cioccolato bianco. Anche poche note fruttate, nel mondo del terziario, generalmente delicato.
In bocca è morbido, poi inizia una bella freschezza, ma non tagliente, e un finale lievemente sapido, ma solo per poco.Grande bevibilità comunque.
Era il vino di Chiara, Meyè-Fonnè, naturale alsaziano. Devo dire che non ricordava un alsaziano, era comunque Pinot bianco, il meno nobile della famiglia dei pinot e allevato in una zona dove sono altri i vitigni maggiori...
Era Bio? Sì, sembrava di sì, cambiava anche dopo poco e dava sempre sensazioni diverse. Annata 2013, avrei detto più vecchio di almeno un anno. (8 euro a bottiglia, ottima Q/P)
Vino non al limite, sicuramente verso il lato dei "buoni"
3. Terzo campione, di un dorato vivissimo, tanto vivo che avrei pensato che fosse filtrato come un convenzionale.
Sentori marini. Cappero, oliva taggiasca e salamoia, poi scorza di arancia candita, note ossidative.
Continuamente modifica la sua linea olfattiva.
In bocca è forte, morbido ma anche fresco. Certo meno bevibile ma sicuramente un vino eccezionale, da gustare lentamente, sorseggiandolo con un bel piatto saporito di pesce. (un pò caro in enoteca 18-20 euro)
Era il mio secondo vino, un alsaziano da Auxerrois (molte affinità con il pinot bianco) e Chardonnay, biodinamico da Zind Humbrecht, che avevo acquistato alle Osterie Moderne mesi fa assieme a Denis. ( e dire il vero il meno convincente di tutta la loro stupenda linea di vini naturali)
Anche qui siamo ben oltre al limite ricercato, era un vino decisamente buono.
4. Paglierino dorato velato, vivo. Leggera effervescenza, flebile consistenza.
Olfatto atipico e fuorviante, quasi fuori scala, intendo dire che dava sentori non riconducibili ad un vino con quel colore.
Medicinale, antibiotici, lacca per capelli e schiuma da barba, note come di legno appena tagliato, poi svanite molto velocemente, patatine al formaggio. Leggero accenno di fruttato e nessuna nota verde.
Alla domanda E' Bio ? Tutti hanno risposto sicuramente di sì, poi in bocca però era corto al punto da deludere. (10 euro, questo NON ha un buon Q/P, va tenuto conto che fanno pochissime bottiglie però)
Si trattava dell'H bianco del Castello di Lispida, TRIPLE A.
Qui ci sono riuscito a raggiungere il mio intento, questo è un vino SUPER naturale, che però ha deluso tutti, ma non al naso...
Esistono quindi vini buoni (che rispondono cioè alle tre caratteristiche) che deludono, come abbiamo dimostrato, ma anche vini convenzionali che non deludono. Li sto ancora cercando, ma ho già delle idee per i prossimi tentativi. Vorrei anche dimostrare che non sono vini così introvabili e soprattutto che non costano così tanto. Durante il corso di Sandro ne abbiamo degustati alcuni.
Preciso comunque che non è necessario che un vino sia Bio per essere buono, ma il fatto che abbia fatto una fermentazione spontanea, che abbia il giusto terroir, che non abbia ricevuto lieviti selezionati e che sia un vitigno (meglio autoctono) piantato nella giusta posizione, rende tutto più vicino all'idea di vino che ho capito essere l'unico interessante.
Il blog ha avuto un calo di attenzione da parte mia, ora anche a causa del tornado di forza F4 che ha recentemente colpito le mie terre.
Venerdì comunque abbiamo organizzato una piccola degustazione, per non perdere la pratica, presso il Giardinetto di Mira dagli amici Chiara ed Alberto.
Premetto che il corso con Sangiorgi mi ha cambiato completamente il modo di degustare il vino e non riesco (purtroppo o per fortuna) a degustare vini "convenzionali".
Questo sta diventando sempre più un problema per me in quanto ho modificato la mia passione per ricercare solo i vini che vengono da Sandro considerati "buoni" (cioè 1. DIGERIBILE 2. IMPREVEDIBILE 3. DI TERROIR).
La domanda che mi sto ponendo infatti a questo punto della mia esperienza è: qual'è il limite sensoriale tra i cosiddetti vini convenzionali e i vini biodinamici o anche naturali? Trovandolo probabilmente potremmo capire meglio gli insegnamenti del corso naturale.
Abbiamo allora portato delle bottiglie che potessero confonderci i sensi al punto di poter sbagliarci.
Rigorosamente alla cieca abbiamo ricevuto i campioni a coppie per avere il confronto:
1. Primo campione, paglierino velato, dal colore spento, opaco.
Naso con accenni aromatici, dico accenni in quanto era molto delicato al naso. Poi erbe aromatiche da cucina, salvia e un tenue rosmarino. Fiori bianchi di cesuglio, biancospino e sambuco.
Buona alcolicità considerata la tipologia, infatti sembra poco complesso.
In bocca è sapido e amarognolo, sono i lieviti in sospensione. Dopo qualche secondo emerge una sensazione dolciastra.
Questo l'ho riconosciuto, era uno dei miei vini. Si trattava della malvasia colfondo di Toni Bigai, A MI MANERA.
A dire il vero non ci ha convinto, molto prevedibile e fermo, immobile. Si riconosceva non essere un vino naturale, forse era ingessato da troppa solforosa.
Non sono riuscito in questo caso a trovare il vino al limite tra convenzionale e naturale. Era troppo convenzionale. A 5 euro però ci stava, ad altri che lo hanno degustato è piaciuto.
2. Paglierino carico, consistente.
Note ossidate al naso , come durante un temporale il senso di ozono nell'aria, muschio, zenzero e galak, il cioccolato bianco. Anche poche note fruttate, nel mondo del terziario, generalmente delicato.
In bocca è morbido, poi inizia una bella freschezza, ma non tagliente, e un finale lievemente sapido, ma solo per poco.Grande bevibilità comunque.
Era il vino di Chiara, Meyè-Fonnè, naturale alsaziano. Devo dire che non ricordava un alsaziano, era comunque Pinot bianco, il meno nobile della famiglia dei pinot e allevato in una zona dove sono altri i vitigni maggiori...
Era Bio? Sì, sembrava di sì, cambiava anche dopo poco e dava sempre sensazioni diverse. Annata 2013, avrei detto più vecchio di almeno un anno. (8 euro a bottiglia, ottima Q/P)
Vino non al limite, sicuramente verso il lato dei "buoni"
3. Terzo campione, di un dorato vivissimo, tanto vivo che avrei pensato che fosse filtrato come un convenzionale.
Sentori marini. Cappero, oliva taggiasca e salamoia, poi scorza di arancia candita, note ossidative.
Continuamente modifica la sua linea olfattiva.
In bocca è forte, morbido ma anche fresco. Certo meno bevibile ma sicuramente un vino eccezionale, da gustare lentamente, sorseggiandolo con un bel piatto saporito di pesce. (un pò caro in enoteca 18-20 euro)
Era il mio secondo vino, un alsaziano da Auxerrois (molte affinità con il pinot bianco) e Chardonnay, biodinamico da Zind Humbrecht, che avevo acquistato alle Osterie Moderne mesi fa assieme a Denis. ( e dire il vero il meno convincente di tutta la loro stupenda linea di vini naturali)
Anche qui siamo ben oltre al limite ricercato, era un vino decisamente buono.
4. Paglierino dorato velato, vivo. Leggera effervescenza, flebile consistenza.
Olfatto atipico e fuorviante, quasi fuori scala, intendo dire che dava sentori non riconducibili ad un vino con quel colore.
Medicinale, antibiotici, lacca per capelli e schiuma da barba, note come di legno appena tagliato, poi svanite molto velocemente, patatine al formaggio. Leggero accenno di fruttato e nessuna nota verde.
Alla domanda E' Bio ? Tutti hanno risposto sicuramente di sì, poi in bocca però era corto al punto da deludere. (10 euro, questo NON ha un buon Q/P, va tenuto conto che fanno pochissime bottiglie però)
Si trattava dell'H bianco del Castello di Lispida, TRIPLE A.
Qui ci sono riuscito a raggiungere il mio intento, questo è un vino SUPER naturale, che però ha deluso tutti, ma non al naso...
Esistono quindi vini buoni (che rispondono cioè alle tre caratteristiche) che deludono, come abbiamo dimostrato, ma anche vini convenzionali che non deludono. Li sto ancora cercando, ma ho già delle idee per i prossimi tentativi. Vorrei anche dimostrare che non sono vini così introvabili e soprattutto che non costano così tanto. Durante il corso di Sandro ne abbiamo degustati alcuni.
Preciso comunque che non è necessario che un vino sia Bio per essere buono, ma il fatto che abbia fatto una fermentazione spontanea, che abbia il giusto terroir, che non abbia ricevuto lieviti selezionati e che sia un vitigno (meglio autoctono) piantato nella giusta posizione, rende tutto più vicino all'idea di vino che ho capito essere l'unico interessante.
domenica 14 giugno 2015
Continua il mio percorso nel blog!
Dopo qualche difficoltà finalmente siamo riusciti a sistemare il blog adeguandolo alle nuove norme sui cookies... E credetemi che non è stato facile.
Ringrazio Alessandro Farina per i preziosi consigli, visto che non sono molto tecnologico e mi definisco puramente un wine geek, ma del geek ho solamente la passione, la tecnologia la lascio ai geek originali, se mi permettete!
In molti abbiamo rischiato di restare senza libertà di espressione nel web, per pigrizia o carenza di informazioni, fortunatamente ho una compagna più tenace di me e di questo posso dire di essere fortunato e soddisfatto.
Pertanto son felice di proseguire la compilazione delle mie "avventure enonaute" alla ricerca della costruzione di un'esperienza legata alla grande passione che mi muove.
Buona lettura, ho molto da riportare e spero che i miei post vi siano di stimolo e spunto.
Ciao a tutti!
Ringrazio Alessandro Farina per i preziosi consigli, visto che non sono molto tecnologico e mi definisco puramente un wine geek, ma del geek ho solamente la passione, la tecnologia la lascio ai geek originali, se mi permettete!
In molti abbiamo rischiato di restare senza libertà di espressione nel web, per pigrizia o carenza di informazioni, fortunatamente ho una compagna più tenace di me e di questo posso dire di essere fortunato e soddisfatto.
Pertanto son felice di proseguire la compilazione delle mie "avventure enonaute" alla ricerca della costruzione di un'esperienza legata alla grande passione che mi muove.
Buona lettura, ho molto da riportare e spero che i miei post vi siano di stimolo e spunto.
Ciao a tutti!
domenica 17 maggio 2015
I profumi del vino serata da Ferrowine 14/5
Per molti di noi, intendo gli appassionati (o wine geek come va di moda adesso), ancora legati al mondo della sommelierie da un punto di vista romantico più che pratico, l'evocazione di ricordi tramite il riconoscimento di sentori provenienti dal bicchiere è ancora motivo di ricerca e affanno in certi casi.
Purtroppo non è facile memorizzare un profumo che si percepisce solamente una volta, anche se il contesto aiuta, certo. Gli amici di Ferrowine mi hanno "anticipato" un'idea che già da tempo avevo progettato ma mai portato a termine, cioè preparare una degustazione per allenare gli interessati per i sentori specifici.
Pensavo a elementi naturali, tipo erbe aromatiche in bicchiere e cose di questo genere (menta, rosmarino, salvie di vari tipi); certo quelle sono reperibili facilmente, ma se volessi ad esempio percepire delle sensazioni fuori stagione?
Ad esempio i fiori, si possono veramente memorizzare solo in questi mesi, e tutti a caccia della rosa, ce ne sono tantissime oggi che scrivo (17 maggio) e dei tigli, fra poco.
Insomma, la serata alla quale abbiamo partecipato io ed il mitico Pietro, è stata completamente incentrata nell'utilizzo di aromi di sintesi (olii essenziali) per riconoscere il sentore principale.
Molti i presenti (31 persone) e anche qualche esperto nella folla, abbiamo iniziato con i profumi dei vini bianchi, degustando un gewurtztraminer, siamo partiti con la prima fialetta, dal profumo era un po' fuorviante all'inizio (mi ricordava un floreale dolce), poi allontanandola dal naso, ho percepito arancia e limone a fasi alterne. Agrumi avrei detto, poi si è rivelato essere POMPELMO, ma dovrei ritentare perchè non mi ha convinto. Seconda fialetta, vicino al naso era bruciante, quasi di erba fresca, ma non ho riconosciuto altro. Era ROSA, che ho riconosciuto subito dopo tenendola lontana dal naso. Capito il sistema ho inquadrato meglio i vari sentori successivi.
Terza fialetta, sentore erbaceo sicuramente, ho pensato inizialmente al peperone verde, ma poi mi sembrava cambiato e sentivo note di fieno intenso. Era PEPERONE VERDE, ci siamo dai.
Per i rossi è stato servito un simil-amarone, un merlot+corvina con appassimento della zona di Verona, noto molti produttori che si stanno cimentando con l'appassimento del merlot anche se gli acini sono piccoli e difficili da appassire.. Comunque, prima fialetta, fumo, speck, affumicatura fortissima, che tutti hanno riconosciuto, stranamente era PIETRA FOCAIA, ma non avendola mai percepita la memorizzerò così.
Seconda fialetta, frutto dolce, rosso, credo fragola, poi mi vengono in mente i fragoloni zuccherati delle fiere di paese, poi era CILIEGIA, ma i sintetici non sono precisi come la natura...
Terzo campione, fiore sicuramente, dolce e intenso, quasi di sapone da bagno, direi lavanda, invece era VIOLETTA, ma non ci sono andato lontano.
Passiti, in servizio con uno SHERRY, oleoso e zuccherino, ricco di sentori, iniziando con una prima fialetta, sensazione leggermente tostata e di mandorle, anzi no, nocciole, esatto NOCCIOLA, l'ho azzeccata, procediamo con la seconda, difficile, dolce ma poco intensa, quasi mielata, ma anche di frutta secca a polpa, tipo un dattero, era PRUGNA, ma mi sono avvicinato moltissimo.
Per ultima la terza fialetta, zuccherina e quasi bruciata (ma credo di aver avvicinato troppo il campione al naso), ho detto caramello, sentendo Pietro però in effetti era quasi cioccolatosa, e infatti CIOCCOLATO.
Mi sono divertito a ragionare con i profumi dei vini, è stato un bell'allenamento perchè la mente spazia per trovare la risposta e se non la conosce ci può arrivare anche con il ragionamento in base a tutte le esperienze passate, ad esempio la GINESTRA l'ho annusata solo una volta in vita mia, ma ricordo che era un sentore di fiore giallo e intensamente pungente, quindi ci si può avvicinare moltissimo ed è questo che conta.
Fino al momento in cui l'esperienza ci farà ricordare gli esatti profumi.
Purtroppo non è facile memorizzare un profumo che si percepisce solamente una volta, anche se il contesto aiuta, certo. Gli amici di Ferrowine mi hanno "anticipato" un'idea che già da tempo avevo progettato ma mai portato a termine, cioè preparare una degustazione per allenare gli interessati per i sentori specifici.
Pensavo a elementi naturali, tipo erbe aromatiche in bicchiere e cose di questo genere (menta, rosmarino, salvie di vari tipi); certo quelle sono reperibili facilmente, ma se volessi ad esempio percepire delle sensazioni fuori stagione?
Ad esempio i fiori, si possono veramente memorizzare solo in questi mesi, e tutti a caccia della rosa, ce ne sono tantissime oggi che scrivo (17 maggio) e dei tigli, fra poco.
Insomma, la serata alla quale abbiamo partecipato io ed il mitico Pietro, è stata completamente incentrata nell'utilizzo di aromi di sintesi (olii essenziali) per riconoscere il sentore principale.
Molti i presenti (31 persone) e anche qualche esperto nella folla, abbiamo iniziato con i profumi dei vini bianchi, degustando un gewurtztraminer, siamo partiti con la prima fialetta, dal profumo era un po' fuorviante all'inizio (mi ricordava un floreale dolce), poi allontanandola dal naso, ho percepito arancia e limone a fasi alterne. Agrumi avrei detto, poi si è rivelato essere POMPELMO, ma dovrei ritentare perchè non mi ha convinto. Seconda fialetta, vicino al naso era bruciante, quasi di erba fresca, ma non ho riconosciuto altro. Era ROSA, che ho riconosciuto subito dopo tenendola lontana dal naso. Capito il sistema ho inquadrato meglio i vari sentori successivi.
Terza fialetta, sentore erbaceo sicuramente, ho pensato inizialmente al peperone verde, ma poi mi sembrava cambiato e sentivo note di fieno intenso. Era PEPERONE VERDE, ci siamo dai.
Per i rossi è stato servito un simil-amarone, un merlot+corvina con appassimento della zona di Verona, noto molti produttori che si stanno cimentando con l'appassimento del merlot anche se gli acini sono piccoli e difficili da appassire.. Comunque, prima fialetta, fumo, speck, affumicatura fortissima, che tutti hanno riconosciuto, stranamente era PIETRA FOCAIA, ma non avendola mai percepita la memorizzerò così.
Seconda fialetta, frutto dolce, rosso, credo fragola, poi mi vengono in mente i fragoloni zuccherati delle fiere di paese, poi era CILIEGIA, ma i sintetici non sono precisi come la natura...
Terzo campione, fiore sicuramente, dolce e intenso, quasi di sapone da bagno, direi lavanda, invece era VIOLETTA, ma non ci sono andato lontano.
Passiti, in servizio con uno SHERRY, oleoso e zuccherino, ricco di sentori, iniziando con una prima fialetta, sensazione leggermente tostata e di mandorle, anzi no, nocciole, esatto NOCCIOLA, l'ho azzeccata, procediamo con la seconda, difficile, dolce ma poco intensa, quasi mielata, ma anche di frutta secca a polpa, tipo un dattero, era PRUGNA, ma mi sono avvicinato moltissimo.
Per ultima la terza fialetta, zuccherina e quasi bruciata (ma credo di aver avvicinato troppo il campione al naso), ho detto caramello, sentendo Pietro però in effetti era quasi cioccolatosa, e infatti CIOCCOLATO.
Mi sono divertito a ragionare con i profumi dei vini, è stato un bell'allenamento perchè la mente spazia per trovare la risposta e se non la conosce ci può arrivare anche con il ragionamento in base a tutte le esperienze passate, ad esempio la GINESTRA l'ho annusata solo una volta in vita mia, ma ricordo che era un sentore di fiore giallo e intensamente pungente, quindi ci si può avvicinare moltissimo ed è questo che conta.
Fino al momento in cui l'esperienza ci farà ricordare gli esatti profumi.
lunedì 27 aprile 2015
Gruppo di assaggio - quinta serata 2/4
Per i più attenti non ho descritto la quarta serata in quanto abbiamo degustato dei vini non particolarmente stimolanti e in un paio di casi addirittura vecchi o inconsistenti, per fortuna ci siamo rifatti con degli ottimi affettati! Tengo invece a ricordare la quinta serata, che è stata un successo.
Reduci dalle fiere vinicole ci siamo trovati, coloro che hanno potuto, in questo primo giovedì di aprile più che per discutere, per ritornare a fare emergere la grande convivialità che il vino riesce a creare, in più era vivo il forte desiderio, anzi il bisogno quasi primordiale di soddisfare la curiosità di aprire delle etichette che abbiamo conservato e mantenuto affettuosamente per occasioni speciali.
Come sapete il vino va bevuto... E non è detto che quando lo aprirete sarà quello che speravate che fosse! Da esperienza diretta, pertanto ve lo posso consigliare, ogni vino ha la sua età e ogni bottiglia può essere un caso a sè stante.
Insomma, questa volta ci siamo radunati al Giardinetto, di Mira, ringrazio l'ospitalità Chiara e Alberto, anche se mi è dispiaciuto non avervi sempre al tavolo con noi...
I vini in degustazione sono stati diversi, devo dire che mai avevamo avuto un livello tanto alto, sono rimasto allibito fino a che punto la nostra passione ci faccia rendere il prezzo dei vini quasi inconsistente qualsiasi esso sia!!! Ovviamente dobbiamo essere soddisfatti della spesa...
Il primo vino aperto, uno champagne, è stato il LAURENT PERRIER, paglierino verso il dorato, fine, chardonnay in grande percentuale, sensazioni burrose e di mandarino, pochi sentori di lievito, nè di pane, mi è piaciuto molto, e pensare che si tratta del loro base .
Abbiamo nel frattempo assaggiato della focaccia di pizza con porchetta, bell'abbinamento considerata la freschezza del primo campione (che è finito presto).
Apro per secondo un mito italiano, l'ANNAMARIA CLEMENTI 2004, vino di eccelsa qualità dell'azienda Cà del Bosco, dedicato alla madre di Maurizio Zanella e fondatrice dell'azienda.
Colore ricco di evoluzione, oro puro e caldo, la selezione delle migliori uve dai migliori CRU, sette anni sui lieviti in bottiglia, intenso ma anche fine e di una persistenza evocativa e romanticamente sognante, ti fa restare con lo sguardo perso a vagare con le immagini.
Và da sè che siamo rimasti senza parole dopo un assaggio tanto prestigioso, qualcuno ci ha chiesto anche un assaggio! Grazie per l'incredibile generosità a Samuele, non finisci mai di stupirci.
Il Paladino di Revì, gran cru dell'azienda trentina, a questo punto era a rischio, lo abbiamo aperto dopo più per fiducia che per reale consapevolezza, infatti risultava molto meno elegante, quasi rustico (e non è così, si tratta pur sempre di chardonnay in purezza), ma il confronto era impietoso e a dire il vero scorretto. Apriremo un'altra bottiglia sicuramente in futuro.
La bottiglia proposta da Tobia era il PINOT BIANCO di S. Michele Appiano, SCHULTHAUSER, ottimo esempio di mineralità e struttura (svolga anche la malolattica) , evoca sentori di grafite e frutta matura, molto presente la mela. Davvero un ottimo prodotto, tenuto conto inoltre che si tratta di pinot bianco, il minore (o meglio il più sottovalutato) della famiglia dei pinot.
Questi sono i vini che ricordo maggiormente, per emozione e verve. Ringrazio tutti per la serata, solo affiancandoci a persone della stessa fortissima passione ci si può sentire veramente a proprio agio, grazie!
Reduci dalle fiere vinicole ci siamo trovati, coloro che hanno potuto, in questo primo giovedì di aprile più che per discutere, per ritornare a fare emergere la grande convivialità che il vino riesce a creare, in più era vivo il forte desiderio, anzi il bisogno quasi primordiale di soddisfare la curiosità di aprire delle etichette che abbiamo conservato e mantenuto affettuosamente per occasioni speciali.
Come sapete il vino va bevuto... E non è detto che quando lo aprirete sarà quello che speravate che fosse! Da esperienza diretta, pertanto ve lo posso consigliare, ogni vino ha la sua età e ogni bottiglia può essere un caso a sè stante.
Insomma, questa volta ci siamo radunati al Giardinetto, di Mira, ringrazio l'ospitalità Chiara e Alberto, anche se mi è dispiaciuto non avervi sempre al tavolo con noi...
I vini in degustazione sono stati diversi, devo dire che mai avevamo avuto un livello tanto alto, sono rimasto allibito fino a che punto la nostra passione ci faccia rendere il prezzo dei vini quasi inconsistente qualsiasi esso sia!!! Ovviamente dobbiamo essere soddisfatti della spesa...
Il primo vino aperto, uno champagne, è stato il LAURENT PERRIER, paglierino verso il dorato, fine, chardonnay in grande percentuale, sensazioni burrose e di mandarino, pochi sentori di lievito, nè di pane, mi è piaciuto molto, e pensare che si tratta del loro base .
Abbiamo nel frattempo assaggiato della focaccia di pizza con porchetta, bell'abbinamento considerata la freschezza del primo campione (che è finito presto).
Apro per secondo un mito italiano, l'ANNAMARIA CLEMENTI 2004, vino di eccelsa qualità dell'azienda Cà del Bosco, dedicato alla madre di Maurizio Zanella e fondatrice dell'azienda.
Colore ricco di evoluzione, oro puro e caldo, la selezione delle migliori uve dai migliori CRU, sette anni sui lieviti in bottiglia, intenso ma anche fine e di una persistenza evocativa e romanticamente sognante, ti fa restare con lo sguardo perso a vagare con le immagini.
Và da sè che siamo rimasti senza parole dopo un assaggio tanto prestigioso, qualcuno ci ha chiesto anche un assaggio! Grazie per l'incredibile generosità a Samuele, non finisci mai di stupirci.
Il Paladino di Revì, gran cru dell'azienda trentina, a questo punto era a rischio, lo abbiamo aperto dopo più per fiducia che per reale consapevolezza, infatti risultava molto meno elegante, quasi rustico (e non è così, si tratta pur sempre di chardonnay in purezza), ma il confronto era impietoso e a dire il vero scorretto. Apriremo un'altra bottiglia sicuramente in futuro.
La bottiglia proposta da Tobia era il PINOT BIANCO di S. Michele Appiano, SCHULTHAUSER, ottimo esempio di mineralità e struttura (svolga anche la malolattica) , evoca sentori di grafite e frutta matura, molto presente la mela. Davvero un ottimo prodotto, tenuto conto inoltre che si tratta di pinot bianco, il minore (o meglio il più sottovalutato) della famiglia dei pinot.
Questi sono i vini che ricordo maggiormente, per emozione e verve. Ringrazio tutti per la serata, solo affiancandoci a persone della stessa fortissima passione ci si può sentire veramente a proprio agio, grazie!
lunedì 13 aprile 2015
Il pranzo francese che successone! 12/04/15
L'idea mi è venuta visitando un mercatino a Vicenza di prodotti tipici da tutte le regioni di Francia.
Ed allora ho pensato, visto che avevo appena acquistato alcuni formaggi e vini (i biscotti e le cialde sono ahimè durati pochissimo), di organizzare un pranzo particolare per i nostri ospiti ieri pomeriggio.
Tutto (o quasi) a tema francese, ho anche messo la Tour Eiffel come centro tavola!
Abbiamo iniziato con degli antipasti di salmone affumicato (certo non propriamente francese, ma quanto ci stava!) con burro "conico", fatto mano, affumicato, tartine con uova di lompo e croissant salati.
Baguette con baccalà mantecato, gamberoni in saor e spritz con campari e angostura (non ho resistito alla nostra immancabile contaminazione veneta), accompagnati da un gradevolissimo Champagne, fragrante e anche se basico, piacevolmente agrumato.
Il primo formaggio, le LANGRES, che si vede nella prima foto, è un vaccino a pasta molle e crosta lavata, affinato nello Champagne, e quale migliore abbinamento poteva esserci? Ho provato la crosta assieme al nobile spumante e posso dire di aver percepito veramente un abbinamento armonico.
Avendo saltato il primo, non avendo esperienza effettiva di cucina francese, abbiamo preferito cucinare alcune orate, con patate e pomodorini ciliegini e cipolle, con abbinamento il MUSCADET DE SEVRE ET MAINE SUR LIE, acquistato al mercatino, da vitigno MELO de BOURGOGNE, attenzione, a parte il nome, non è moscato, vino adatto a crostacei ma anche a pesci di mare.
A dire il vero non l'ho particolarmente gradito, sapendo comunque che si trattava di un prodotto delicato e leggero, non mi è sembrato conservato benissimo, un po' spento insomma.
Principe della tavola, l'orologio di formaggi, che siamo riusciti a a reperire in parte alla gastronomia di Cazzago di Pianiga, gli abbinamenti sono una loro idea.
Come vedete ho posizionato dei numeri per rendere il tutto più comprensibile, a partire dal primo 1: Pyramide, formaggio caprino avvolto nella cenere, ottimo, non era troppo intenso il sentore del latte caprino, in bocca la cenere edibile faceva la sua parte amarognola e abbinato a un goccio d'olio e pepe era davvero un assaggio da ricordare.
2: questo secondo formaggio somigliava tantissimo ad un gorgonzola stagionato, senza però avere la muffa preponderante sul resto. Affiancato da pane di segale, questo formaggio è piaciuto meno, io l'ho trovato comunque stimolante e gustoso.
3: Mitico l'EPOISSES, di latte vaccino a pasta molle e lavata con MARC de Bourgogne, la vinaccia, racchiuso dalla sua scatola di legno, intenso, cremosissimo e amarognolo, assieme alle noci ha fatto faville, forse il miglior boccone di tutto il pasto. ( e costa relativamente poco, 9 euro la confezione)
4: per finire una specialità (non so il nome nè la provenienza però) che è stata aromatizzata con uvetta e banane, ma a dire il vero era troppo acidulo per essere mangiato dopo l'Epoisses e non aveva nessun gusto dei prodotti con cui era insaporito, ma non essendo esperti abbiamo gradito meno.
Vino abbinato con i formaggi un RIESLING ALSAZIANO riserva, secco, accenni di idrocarburi e frutta esotica, a dire il vero è stato nascosto dalla grande potenza dei formaggi, quindi è passato molto inosservato.
Il dolce era d'obbligo, anche se ormai avevamo pochissimo spazio nello stomaco, ma quando si parla della Cheesecake di Lisa (altro sgarro alla nazionalità) al caffè e cioccolato fondente, non c'è dubbio che bisogna prenderne almeno due fette!
Abbinamento ideale? Il BANYULS, che però... Non ho trovato! Per fortuna che in dispensa ho conservato l'ALA AMARASCATO (Sicilia), che è stato l'abbinamento migliore con il cheesecake, armonia e completa pulizia in bocca.
Che dire, ci siamo divertiti e abbiamo conosciuto alcuni prodotti tipici, non solo francesi (ho usato anche un burro tedesco alle erbe), quindi è bello mescolare le varie culture se il risultato finale è la felicità dei commensali, a presto allora con altri pranzi a tema!
Ed allora ho pensato, visto che avevo appena acquistato alcuni formaggi e vini (i biscotti e le cialde sono ahimè durati pochissimo), di organizzare un pranzo particolare per i nostri ospiti ieri pomeriggio.
Tutto (o quasi) a tema francese, ho anche messo la Tour Eiffel come centro tavola!
Antipasti vari all'ombra della Tour Eiffel |
Abbiamo iniziato con degli antipasti di salmone affumicato (certo non propriamente francese, ma quanto ci stava!) con burro "conico", fatto mano, affumicato, tartine con uova di lompo e croissant salati.
Baguette con baccalà mantecato, gamberoni in saor e spritz con campari e angostura (non ho resistito alla nostra immancabile contaminazione veneta), accompagnati da un gradevolissimo Champagne, fragrante e anche se basico, piacevolmente agrumato.
Il primo formaggio, le LANGRES, che si vede nella prima foto, è un vaccino a pasta molle e crosta lavata, affinato nello Champagne, e quale migliore abbinamento poteva esserci? Ho provato la crosta assieme al nobile spumante e posso dire di aver percepito veramente un abbinamento armonico.
Avendo saltato il primo, non avendo esperienza effettiva di cucina francese, abbiamo preferito cucinare alcune orate, con patate e pomodorini ciliegini e cipolle, con abbinamento il MUSCADET DE SEVRE ET MAINE SUR LIE, acquistato al mercatino, da vitigno MELO de BOURGOGNE, attenzione, a parte il nome, non è moscato, vino adatto a crostacei ma anche a pesci di mare.
I vini del pranzo |
Principe della tavola, l'orologio di formaggi, che siamo riusciti a a reperire in parte alla gastronomia di Cazzago di Pianiga, gli abbinamenti sono una loro idea.
Come vedete ho posizionato dei numeri per rendere il tutto più comprensibile, a partire dal primo 1: Pyramide, formaggio caprino avvolto nella cenere, ottimo, non era troppo intenso il sentore del latte caprino, in bocca la cenere edibile faceva la sua parte amarognola e abbinato a un goccio d'olio e pepe era davvero un assaggio da ricordare.
Lorologio di formaggi francesi |
3: Mitico l'EPOISSES, di latte vaccino a pasta molle e lavata con MARC de Bourgogne, la vinaccia, racchiuso dalla sua scatola di legno, intenso, cremosissimo e amarognolo, assieme alle noci ha fatto faville, forse il miglior boccone di tutto il pasto. ( e costa relativamente poco, 9 euro la confezione)
4: per finire una specialità (non so il nome nè la provenienza però) che è stata aromatizzata con uvetta e banane, ma a dire il vero era troppo acidulo per essere mangiato dopo l'Epoisses e non aveva nessun gusto dei prodotti con cui era insaporito, ma non essendo esperti abbiamo gradito meno.
Vino abbinato con i formaggi un RIESLING ALSAZIANO riserva, secco, accenni di idrocarburi e frutta esotica, a dire il vero è stato nascosto dalla grande potenza dei formaggi, quindi è passato molto inosservato.
Il dolce era d'obbligo, anche se ormai avevamo pochissimo spazio nello stomaco, ma quando si parla della Cheesecake di Lisa (altro sgarro alla nazionalità) al caffè e cioccolato fondente, non c'è dubbio che bisogna prenderne almeno due fette!
Abbinamento ideale? Il BANYULS, che però... Non ho trovato! Per fortuna che in dispensa ho conservato l'ALA AMARASCATO (Sicilia), che è stato l'abbinamento migliore con il cheesecake, armonia e completa pulizia in bocca.
Che dire, ci siamo divertiti e abbiamo conosciuto alcuni prodotti tipici, non solo francesi (ho usato anche un burro tedesco alle erbe), quindi è bello mescolare le varie culture se il risultato finale è la felicità dei commensali, a presto allora con altri pranzi a tema!
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mercoledì 1 aprile 2015
VINNATUR 22/03/15 - esperienza sempre interessante
Per me è la terza edizione visitata, vedo ogni volta una grande affluenza e entusiasmo negli avventori, me compreso!
La domenica è sempre il giorno più difficile, purtroppo però non abbiamo mai altre possibilità per visitarla...
La stupenda cornice della villa, affrescata e bellissima, con il suo parco e le sue colonne, rende il tutto molto più affascinante.
Confusi inizialmente dalla massa di persone presenti, siamo stati qualche minuto a cercare un banco di assaggio libero, dopo aver pranzato con un eccellente panino fatto al momento da lievito di pasta madre, leggero anche se tanto abbondante!
Primo produttore degustato, un simpatico signore dell'OLTRE PO PAVESE, Pietro Torti. Diversi i prodotti degustati, migliore fra tutti il suo metodo classico, da pinot nero 100%, buono il Cruasè e da provare anche i rossi, tutti identitari del territorio. Non mi ha entusiasmato il pinot nero 2010 ma andava atteso ancora, secondo Pietro.
Trovavo giusto soffermarmi un po' anche dal "padrone di casa", dal creatore di Vinnatur, Maule con la Biancara, per poter assaggiare i suoi vini, in effetti finalmente dopo tre edizioni son riuscito a trovare spazio al suo stand per l'assaggio! Il MASIERI, garganega e trebbiano, piccola aggiunta di solfiti prima del'imbottigliamento, mela verde e erba secca, verticale e quotidiano, prodotto diciamo basilare dell'azienda; il PICO, mitico macerato per due settimane da uva garganega, si alza il tiro, il corpo aumenta, così come il colore si arricchisce di tonalità oro rosso, grande sensazione di sasso, quasi di pietra focaia, ma la quantità di odori nel piano inferiore era veramente tanta per essere lucidi e concentrati. Senza soffermarmi troppo ho adorato il tai rosso e il suo merlot, ma anche il recioto dolce era fantastico... Che dire, meritava davvero sostare così a lungo!!
Era da molto che inseguivo questo produttore, CAMILLO DONATI, lo trovai anche a Piacenza ma era già finita la fiera... Ho potuto assaggiare tutti i prodotti in degustazione e devo dire (che i puristi mi perdonino) che erano vini poco puliti al naso. A parte la volatile acetica, certi erano proprio animali. Trebbiano 2013 non filtrato, un sauvignon macerato, una buona malvasia di candia, curioso il Rosso della bandita, molte uve pigiate assieme come vuole la loro tradizione, una barbera e una bonarda dolce alla fine. Non ne sono rimasto particolarmente entusiasta, devo dire....
A questo punto è una questione di gusti personali.
MAS ZENITUDE, signora che parlava benissimo italiano e ci ha reso partecipi degli assaggi come fosse la prima coppia che gli chiedeva "cosa ci fa assaggiare". L'azienda è situata nella Languedoc, e ci ha anche invitati a passare le vacanze nel loro agriturismo...
I loro vini sembrano succo d'uva, tanto sono fruttati, grande freschezza ma allo stesso tempo tecnicamente pulitissimi anche all'olfatto. In degustazione i loro prodotti, tipicamente del sud della Francia, Carignan (vigne di 100 anni), Grenache (però blanc!), Clairette, ma soprattutto un vitigno meno tipico, il SYRAH, che loro vinificano benissimo, o forse era un'annata particolarmente felice, pepato e speziato, ricco e minerale. OTTIMO.
Un altro francese della zona del sud della Francia, Roussillon, di DOMAINE VINCI, di origini italiane (ma non parente con Leonardo!), che parlava in una lingua tipo esperanto, mischiando francese a spagnolo a inglese e anche italiano, che simpaticone! Ad essere sincero i suoi vini non mi hanno entusiasmato, TRANNE il maccabeu, con carignan blanc e grenache blanc, nome del vino "COYADE", acciaio e nessuna molecola aggiunta di sintesi, neanche in vigna ovviamente, ha svolto anche la malolattica, ricco e profumato, l'ho adorato, davvero.
Spagna, questa sconosciuta, non ho mai trovato vini interessanti o particolarmente stimolanti... E probabilmente perchè ne ho provati relativamente pochi!
Oggi mi sono ricreduto grazie a due piccolissimi produttori.
Bodegas Cauzon, 5 ettari, Granada, hanno realizzato un bianco (incredibile per una azienda spagnola) veramente interessante, più dei vari rossi in degustazione, da sauvignon e chardonnay, profumatissimo, fiori bianchi a raffica e bella frutta a polpa gialla... Nessun lievito aggiunto, nessuna SO2, fantastico (e costa 5 euro a bottiglia...)
Infine una signora dolcissima, che ci ha presentato anche vini senza etichetta, sempre 5 ettari, BODEGA VINA ENEBRO, il primo bianco da FORCAYATH, vitigno rarissimo forse presente solamente da loro, stranissimo e dal gusto davvero originale, più che piacevole, un monastrell frizzante vinificato in bianco e un ottimo monastrell passito, che raggiunge i 18 gradi alcool. Bravi continuate così!
La domenica è sempre il giorno più difficile, purtroppo però non abbiamo mai altre possibilità per visitarla...
La stupenda cornice della villa, affrescata e bellissima, con il suo parco e le sue colonne, rende il tutto molto più affascinante.
Confusi inizialmente dalla massa di persone presenti, siamo stati qualche minuto a cercare un banco di assaggio libero, dopo aver pranzato con un eccellente panino fatto al momento da lievito di pasta madre, leggero anche se tanto abbondante!
Primo produttore degustato, un simpatico signore dell'OLTRE PO PAVESE, Pietro Torti. Diversi i prodotti degustati, migliore fra tutti il suo metodo classico, da pinot nero 100%, buono il Cruasè e da provare anche i rossi, tutti identitari del territorio. Non mi ha entusiasmato il pinot nero 2010 ma andava atteso ancora, secondo Pietro.
Trovavo giusto soffermarmi un po' anche dal "padrone di casa", dal creatore di Vinnatur, Maule con la Biancara, per poter assaggiare i suoi vini, in effetti finalmente dopo tre edizioni son riuscito a trovare spazio al suo stand per l'assaggio! Il MASIERI, garganega e trebbiano, piccola aggiunta di solfiti prima del'imbottigliamento, mela verde e erba secca, verticale e quotidiano, prodotto diciamo basilare dell'azienda; il PICO, mitico macerato per due settimane da uva garganega, si alza il tiro, il corpo aumenta, così come il colore si arricchisce di tonalità oro rosso, grande sensazione di sasso, quasi di pietra focaia, ma la quantità di odori nel piano inferiore era veramente tanta per essere lucidi e concentrati. Senza soffermarmi troppo ho adorato il tai rosso e il suo merlot, ma anche il recioto dolce era fantastico... Che dire, meritava davvero sostare così a lungo!!
Era da molto che inseguivo questo produttore, CAMILLO DONATI, lo trovai anche a Piacenza ma era già finita la fiera... Ho potuto assaggiare tutti i prodotti in degustazione e devo dire (che i puristi mi perdonino) che erano vini poco puliti al naso. A parte la volatile acetica, certi erano proprio animali. Trebbiano 2013 non filtrato, un sauvignon macerato, una buona malvasia di candia, curioso il Rosso della bandita, molte uve pigiate assieme come vuole la loro tradizione, una barbera e una bonarda dolce alla fine. Non ne sono rimasto particolarmente entusiasta, devo dire....
A questo punto è una questione di gusti personali.
MAS ZENITUDE, signora che parlava benissimo italiano e ci ha reso partecipi degli assaggi come fosse la prima coppia che gli chiedeva "cosa ci fa assaggiare". L'azienda è situata nella Languedoc, e ci ha anche invitati a passare le vacanze nel loro agriturismo...
I loro vini sembrano succo d'uva, tanto sono fruttati, grande freschezza ma allo stesso tempo tecnicamente pulitissimi anche all'olfatto. In degustazione i loro prodotti, tipicamente del sud della Francia, Carignan (vigne di 100 anni), Grenache (però blanc!), Clairette, ma soprattutto un vitigno meno tipico, il SYRAH, che loro vinificano benissimo, o forse era un'annata particolarmente felice, pepato e speziato, ricco e minerale. OTTIMO.
Un altro francese della zona del sud della Francia, Roussillon, di DOMAINE VINCI, di origini italiane (ma non parente con Leonardo!), che parlava in una lingua tipo esperanto, mischiando francese a spagnolo a inglese e anche italiano, che simpaticone! Ad essere sincero i suoi vini non mi hanno entusiasmato, TRANNE il maccabeu, con carignan blanc e grenache blanc, nome del vino "COYADE", acciaio e nessuna molecola aggiunta di sintesi, neanche in vigna ovviamente, ha svolto anche la malolattica, ricco e profumato, l'ho adorato, davvero.
Spagna, questa sconosciuta, non ho mai trovato vini interessanti o particolarmente stimolanti... E probabilmente perchè ne ho provati relativamente pochi!
Oggi mi sono ricreduto grazie a due piccolissimi produttori.
Bodegas Cauzon, 5 ettari, Granada, hanno realizzato un bianco (incredibile per una azienda spagnola) veramente interessante, più dei vari rossi in degustazione, da sauvignon e chardonnay, profumatissimo, fiori bianchi a raffica e bella frutta a polpa gialla... Nessun lievito aggiunto, nessuna SO2, fantastico (e costa 5 euro a bottiglia...)
Infine una signora dolcissima, che ci ha presentato anche vini senza etichetta, sempre 5 ettari, BODEGA VINA ENEBRO, il primo bianco da FORCAYATH, vitigno rarissimo forse presente solamente da loro, stranissimo e dal gusto davvero originale, più che piacevole, un monastrell frizzante vinificato in bianco e un ottimo monastrell passito, che raggiunge i 18 gradi alcool. Bravi continuate così!
sabato 28 marzo 2015
I vini naturali assieme a Sandro Sangiorgi - Venezia 3/3/15
Se conoscete l'editoria del mondo enogastronomico non potete non conoscere Sandro Sangiorgi, fondatore di Arcigola, che poi è diventata Slowfood, editore della rivista Porthos, unica rivista indipendente del mondo del vino e grande degustatore.
In occasione dell'apertura del "Local" un nuovo ristorante green a Venezia, Sandro ha presentato nello specifico l'abbinamento con i loro piatti, studiati dallo chef Marco Tagliapietra (ha lavorato al Noma per intenderci).
A due passi dalla piazza più famosa di Venezia, Piazza San Marco, siamo entrati nel ristorante dell'hotel Wildner, che si affaccia in riva degli schiavoni (peccato perchè c'è l'imbarcadero del vaporetto in mezzo a interferire con la vista) sull'isola di San Giorgio Maggiore.
Accolti con grande cortesia e classe, ci siamo seduti affacciati sulle vetrate che danno sulla riva.
Dopo le presentazioni di rito comincia la serata, Sandro presenta la sua idea, proporci in degustazione diversi vini naturali con abbinamento per ricercare il "matrimonio" tra i vari componenti, lasciandoci stupire dal gioco studiato nel piatto tra i sapori e l'avvolgenza dei vari assaggi.
MI piace come si relaziona con il pubblico, sembra contemporaneamente essere sia un professore che un vecchio amico, mettendo tutti a loro agio, ma anche a volte stuzzicando con carattere da romanaccio DOC.
Alcune considerazioni che ho annotato mentre lo ascoltavamo rapiti:
Qual'è l'elemento essenziale che deve essere presente nel vino? Molti avrebbero risposto l'ALCOOL, o forse ancora più profondamente l'ARMONIA, in realtà è il SENSO DI BENESSERE, che suscita nel degustatore/assaggiatore.
A parte i vini industriali, i vini naturali sono più analizzabili e sfaccettati (Veronelli preferiva il peggiore vino del contadino al migliore vino industriale) e sono così variegati che si scompongono e ricompongono dentro di noi. Allo stesso tempo il vino non può essere analizzato scomponendolo, ma comprendendo tutto l'insieme di sensazioni contemporaneamente.
Non ha senso usare il legno per "correggere" il gusto del vino, o il suo profumo...
ASPETTATIVE, non abbiatene! Abbiate rispetto dell'assaggio e abbiate cura del prezioso liquido nel calice, è costato comunque sforzi e fatica e tempo a chi lo ha prodotto.
Niente ROTEATORI, soggetti poco delicati, che agitando continuamente il prezioso liquido, lo demoliscono a livello molecolare, meglio una leggera roteazione del bicchiere in modo da bagnare le pareti ed avere lo stesso effetto veicolante dei profumi.
Ricordarsi di immettere prima della degustazione gusto-olfattiva, un sorso per avvinare la bocca; le sensazioni già ivi presenti potrebbero essere fuorvianti.
Non è solo il vino che cambia nel bicchiere davanti a noi, siamo anche noi che cambiamo con lui.
I primi due campioni di vino bianco, croccanti nell'atto del versamento, risultano velati, e subito un profumo si diffonde, ancora prima di degustarli; entra subito il primo piatto, bene con i tempi.
1. DURELLO di Menti, 2010 metodo classico, vino volutamente declassificato, venduto a testa in giù per lasciare decidere al cliente se manterere i lieviti oppure eliminarli con la stappatura.
Note fruttate e poi burrose, grande questo produttore che ho scoperto da mio cugino... e lo ringrazio per questo!
2. Velato, fiori di campo, camomilla, in bocca morbido e corposo, direi quasi caldo, è ...un SAUVIGNON della Loira, di Bruno Alion, NO solfitazione e NO utilizzo di macchinari idraulici (per evitare che venga "sballottato".
****abbinamento con CAPESANTE gratinate, destrutturate (gran bel piatto) e un pomodorino secco (che forse era troppo saporito), eccezionali comunque. Vedete dalla foto? La gratinatura è quella verde SOTTO alle capesante...
NON esiste un abbinamento perfetto, è sempre troppo soggettivo, ognuno di noi ha vissuto e vive esperienze sempre relativamente diverse da tutti gli altri ( e per fortuna) pertanto le reazioni al cibo e al vino sono poco confrontabili. Possiamo però avvicinarci.
3. Meno aromatico il terzo campione, sentori di nocciola, vino più "operaio", tiene il metallico bene. Siamo in Rodano a 5 km dal mare, cemento e vetroresina, no solfiti annata 2011, Roussanne, Chezanne e Bourboulec (solo il primo avevo sentito!).
4. Aristocratico, raffinato, elegante, meno carismatico. Chenin Blanc 2013, si sta aprendo. Bertrand Jousset.
****Baccalà mantecato (non servito però), sarebbe stato ottimo abbinamento, ma hanno tentato una strada più difficile, con un'insalata di merluzzo, la parte incisiva lavorava sul grasso, poi emergeva il resto.
5. L'incontro con l'ossidazione di per sè è già una piccola morte, rende il vino più cedevole. Si deve però ricercare cosa può dare superato il muro coprente delle sensazioni maderizzate.
Fortemente ossidato questo quinto campione non riuscivo a interpretarlo, come del resto molti in sala. Mentre Sandro accennava al fatto che per lui era l'abbinamento pù riuscito della serata.
Pinot Gris, Bruno Schuller, produttore che adora l'ossidazione e la rappresenta intendendola artisticamente come la libertà dei vini (annata 2012).
6. Forte volatile al primo naso, Riesling della Mosella, MOLITOR (non Marcus) 1995, ha usato della solforosa, nessuna filtrazione però, insufflazione tramite elicotteri.
La confidenza con la morte è il modo di custodire la vita.
****Abbinamento con RISOTTO di GO', a dire il vero meno intenso del solito, conoscendo questo piatto, ma comunque ottimo e delicato.
7. Chenin Blanc, timido e chuso, di Janpierre Lobinot, Cuvèe Bistrologie, chiuso a dire il vero e poco espressivo al momento dell'assaggio
8. Champagne Cotes de Aube, RM, la parte più a sud della Champagne, quindi maturazioni più complete, 3 gr/lt di zucchero.
****Tortello con salsa verde (prezzemolo), piatto saporito e ricco, l'ho adorato, abbinamento bellissimo con lo champagne, l'alimento per eccellenza, non perde mai se stesso (!!)
9. Un po' torbido, oscuro, fila via, con una grande agilità e tensione. PINEAU (non Pinot) DONNISSE. Loira, annata calda e tannica. (averlo avuto un 2011, allora sì!)..
Esperienza fantastica, grazie ragazzi e grazie Sandro, non vedo l'ora di partecipare al tuo corso a maggio!!!
In occasione dell'apertura del "Local" un nuovo ristorante green a Venezia, Sandro ha presentato nello specifico l'abbinamento con i loro piatti, studiati dallo chef Marco Tagliapietra (ha lavorato al Noma per intenderci).
A due passi dalla piazza più famosa di Venezia, Piazza San Marco, siamo entrati nel ristorante dell'hotel Wildner, che si affaccia in riva degli schiavoni (peccato perchè c'è l'imbarcadero del vaporetto in mezzo a interferire con la vista) sull'isola di San Giorgio Maggiore.
Accolti con grande cortesia e classe, ci siamo seduti affacciati sulle vetrate che danno sulla riva.
Dopo le presentazioni di rito comincia la serata, Sandro presenta la sua idea, proporci in degustazione diversi vini naturali con abbinamento per ricercare il "matrimonio" tra i vari componenti, lasciandoci stupire dal gioco studiato nel piatto tra i sapori e l'avvolgenza dei vari assaggi.
MI piace come si relaziona con il pubblico, sembra contemporaneamente essere sia un professore che un vecchio amico, mettendo tutti a loro agio, ma anche a volte stuzzicando con carattere da romanaccio DOC.
Alcune considerazioni che ho annotato mentre lo ascoltavamo rapiti:
Qual'è l'elemento essenziale che deve essere presente nel vino? Molti avrebbero risposto l'ALCOOL, o forse ancora più profondamente l'ARMONIA, in realtà è il SENSO DI BENESSERE, che suscita nel degustatore/assaggiatore.
A parte i vini industriali, i vini naturali sono più analizzabili e sfaccettati (Veronelli preferiva il peggiore vino del contadino al migliore vino industriale) e sono così variegati che si scompongono e ricompongono dentro di noi. Allo stesso tempo il vino non può essere analizzato scomponendolo, ma comprendendo tutto l'insieme di sensazioni contemporaneamente.
Non ha senso usare il legno per "correggere" il gusto del vino, o il suo profumo...
ASPETTATIVE, non abbiatene! Abbiate rispetto dell'assaggio e abbiate cura del prezioso liquido nel calice, è costato comunque sforzi e fatica e tempo a chi lo ha prodotto.
Niente ROTEATORI, soggetti poco delicati, che agitando continuamente il prezioso liquido, lo demoliscono a livello molecolare, meglio una leggera roteazione del bicchiere in modo da bagnare le pareti ed avere lo stesso effetto veicolante dei profumi.
Ricordarsi di immettere prima della degustazione gusto-olfattiva, un sorso per avvinare la bocca; le sensazioni già ivi presenti potrebbero essere fuorvianti.
Non è solo il vino che cambia nel bicchiere davanti a noi, siamo anche noi che cambiamo con lui.
Capesante "destrutturate" |
I primi due campioni di vino bianco, croccanti nell'atto del versamento, risultano velati, e subito un profumo si diffonde, ancora prima di degustarli; entra subito il primo piatto, bene con i tempi.
1. DURELLO di Menti, 2010 metodo classico, vino volutamente declassificato, venduto a testa in giù per lasciare decidere al cliente se manterere i lieviti oppure eliminarli con la stappatura.
Note fruttate e poi burrose, grande questo produttore che ho scoperto da mio cugino... e lo ringrazio per questo!
2. Velato, fiori di campo, camomilla, in bocca morbido e corposo, direi quasi caldo, è ...un SAUVIGNON della Loira, di Bruno Alion, NO solfitazione e NO utilizzo di macchinari idraulici (per evitare che venga "sballottato".
****abbinamento con CAPESANTE gratinate, destrutturate (gran bel piatto) e un pomodorino secco (che forse era troppo saporito), eccezionali comunque. Vedete dalla foto? La gratinatura è quella verde SOTTO alle capesante...
NON esiste un abbinamento perfetto, è sempre troppo soggettivo, ognuno di noi ha vissuto e vive esperienze sempre relativamente diverse da tutti gli altri ( e per fortuna) pertanto le reazioni al cibo e al vino sono poco confrontabili. Possiamo però avvicinarci.
3. Meno aromatico il terzo campione, sentori di nocciola, vino più "operaio", tiene il metallico bene. Siamo in Rodano a 5 km dal mare, cemento e vetroresina, no solfiti annata 2011, Roussanne, Chezanne e Bourboulec (solo il primo avevo sentito!).
4. Aristocratico, raffinato, elegante, meno carismatico. Chenin Blanc 2013, si sta aprendo. Bertrand Jousset.
****Baccalà mantecato (non servito però), sarebbe stato ottimo abbinamento, ma hanno tentato una strada più difficile, con un'insalata di merluzzo, la parte incisiva lavorava sul grasso, poi emergeva il resto.
5. L'incontro con l'ossidazione di per sè è già una piccola morte, rende il vino più cedevole. Si deve però ricercare cosa può dare superato il muro coprente delle sensazioni maderizzate.
Fortemente ossidato questo quinto campione non riuscivo a interpretarlo, come del resto molti in sala. Mentre Sandro accennava al fatto che per lui era l'abbinamento pù riuscito della serata.
Il tortello con la salsa verde |
6. Forte volatile al primo naso, Riesling della Mosella, MOLITOR (non Marcus) 1995, ha usato della solforosa, nessuna filtrazione però, insufflazione tramite elicotteri.
La confidenza con la morte è il modo di custodire la vita.
****Abbinamento con RISOTTO di GO', a dire il vero meno intenso del solito, conoscendo questo piatto, ma comunque ottimo e delicato.
7. Chenin Blanc, timido e chuso, di Janpierre Lobinot, Cuvèe Bistrologie, chiuso a dire il vero e poco espressivo al momento dell'assaggio
8. Champagne Cotes de Aube, RM, la parte più a sud della Champagne, quindi maturazioni più complete, 3 gr/lt di zucchero.
****Tortello con salsa verde (prezzemolo), piatto saporito e ricco, l'ho adorato, abbinamento bellissimo con lo champagne, l'alimento per eccellenza, non perde mai se stesso (!!)
9. Un po' torbido, oscuro, fila via, con una grande agilità e tensione. PINEAU (non Pinot) DONNISSE. Loira, annata calda e tannica. (averlo avuto un 2011, allora sì!)..
Esperienza fantastica, grazie ragazzi e grazie Sandro, non vedo l'ora di partecipare al tuo corso a maggio!!!
martedì 24 marzo 2015
Il migliore produttore al mondo di vini bianchi ... secondo Parker (ed ha ragione)
Ho intitolato questo post alla frase che mi ha incuriosito a partecipare alla serata tutta alsaziana; di solito non considero l'opinione di un critico, ma voglio capire come ragiona uno dei critici più influenti del mondo del vino.
L'Alsazia è stata proposta in molteplici occasioni e posso dire che mi ha sempre soddisfatto in linea di massima, sia come bravura dei produttori, sia come sensazioni e equilibri dei vini proposti.
Questa sera viene proposta una carrellata di prodotti tutti della ZIND-HUMBRECHT, azienda importante in Alsazia, che produce vino dal 1620 (con la famiglia Humbrecht), quasi 400 anni!!
Dal 1959 nasce il Domaine Zind-Humbrecht, dal matrimonio di Leonard Humbrecht e Geneviève Zind.
Votati alla pura biodinamica, questi produttori mantengono i rendimenti estremamente bassi e tra i vigneti si passa solo a piedi o al massimo con i cavalli...
Punte di diamante dell'azienda, i classici vitigni alsaziani, Gewurtztraminer, Pinot Gris, Riesling e Muscat.
La cosa che mi ha colpito è la grande capacità di tutti i suoi prodotti di esprimersi a più livelli, con toni cangianti e multisfaccettati, e questo rispecchia la volontà del produttore.
Normalmente per mia memoria segno con delle stelle da una a 4 (finora ho dato 4 solamente all'Annamaria Clementi) e va detto che normalmente do una o due stelle. In questa serata mi sembrava di disegnare una costellazione sul foglio, tanti erano i vini ottimi!
Leit motiv della serata una mineralità sempre presente, con varie sfumature, dalla grafite, la pietra focaia, l'idrocarburo.... Iniziamo con il PINOT BLANC 2010, il miglior pinot bianco che abbia mai assaggiato, pur essendo inferiore agli assaggi successivi, era parte di un percorso significativo, dorato vivace, bella nota di sasso bagnato, fresco ma anche morbido, un bel bere, 19,50 forse un po' caro (come molti dei vini della serata, unica pecca)
Il PINOT GRIS 2012 era davvero un riverbero di riflessi sia alla vista che al naso, grande carattere al naso, forse meno coerente in bocca, frutta esotica e fieno in macerazione, ci stiamo solo scaldando.
Salto il terzo campione, unico vino meno interessante e mi soffermo sul RIESLING HERRENWEG de TURCKHEIM 2012, polvere da sparo che pizzica al primo impatto, poi cedro, pompelmo, agrumi ma non lime. Qui il livello si alza.(e anche il prezzo, siamo a 32)
Uno dei protagonisti assoluti della serata: RIESLING CLOS WINDSBUHL 2010, davvero eccelso. Idrocarburo e frutta matura. Vibrante, verticale, citrino, bocca pulita e desiderosa di incontrarlo nuovamente... (55 euro però!!)
GEWURTZTRAMINER 2013, aroma tipico del vitigno, con le classiche sensazioni riconoscibli di litchi e rosa fresca, a dire il vero però a confronto, per lo stesso prezzo acquisterei il NUSSBAUMER a occhi chiusi. Nulla toglie al fatto che sia un gran bel prodotto.
Secondo vino eccezionale, il MUSCAT HERRENWEG 2008, note dell'evoluzione molto presenti, innanzitutto dal colore, che super le note dorate, virando nell'ambra brillante. Qui non si avvertono note di moscato, ma note di frutta cotta, mela e pera (credo si dovesse aprire un po' di più, magari averlo avuto a casa...) albicocca secca, basso residuo zuccherino, ma presente.
Un vino dall'ottimo rapporto Q/P è stato il ZIND 2010, che prende il nome dell'azienda, l'ho anche acquistato! Non posso dire che sia stato al livello degli altri, ma senz'altro mi ha lasciato una bocca perfetta e il ricordo dell'idea produttiva del vignaiolo.
Finale con i due dolci, che non ho apprezzato, forse a causa dell'abbinamento poco riuscito, mousse con crema all'arancia e cioccolato fondente, troppo intensa e anche fredda quindi inabbinabile.
Cercherò ancora questi vini e li consiglio vivamente.
L'Alsazia è stata proposta in molteplici occasioni e posso dire che mi ha sempre soddisfatto in linea di massima, sia come bravura dei produttori, sia come sensazioni e equilibri dei vini proposti.
Questa sera viene proposta una carrellata di prodotti tutti della ZIND-HUMBRECHT, azienda importante in Alsazia, che produce vino dal 1620 (con la famiglia Humbrecht), quasi 400 anni!!
Dal 1959 nasce il Domaine Zind-Humbrecht, dal matrimonio di Leonard Humbrecht e Geneviève Zind.
Votati alla pura biodinamica, questi produttori mantengono i rendimenti estremamente bassi e tra i vigneti si passa solo a piedi o al massimo con i cavalli...
Punte di diamante dell'azienda, i classici vitigni alsaziani, Gewurtztraminer, Pinot Gris, Riesling e Muscat.
La cosa che mi ha colpito è la grande capacità di tutti i suoi prodotti di esprimersi a più livelli, con toni cangianti e multisfaccettati, e questo rispecchia la volontà del produttore.
Normalmente per mia memoria segno con delle stelle da una a 4 (finora ho dato 4 solamente all'Annamaria Clementi) e va detto che normalmente do una o due stelle. In questa serata mi sembrava di disegnare una costellazione sul foglio, tanti erano i vini ottimi!
Leit motiv della serata una mineralità sempre presente, con varie sfumature, dalla grafite, la pietra focaia, l'idrocarburo.... Iniziamo con il PINOT BLANC 2010, il miglior pinot bianco che abbia mai assaggiato, pur essendo inferiore agli assaggi successivi, era parte di un percorso significativo, dorato vivace, bella nota di sasso bagnato, fresco ma anche morbido, un bel bere, 19,50 forse un po' caro (come molti dei vini della serata, unica pecca)
Il PINOT GRIS 2012 era davvero un riverbero di riflessi sia alla vista che al naso, grande carattere al naso, forse meno coerente in bocca, frutta esotica e fieno in macerazione, ci stiamo solo scaldando.
Salto il terzo campione, unico vino meno interessante e mi soffermo sul RIESLING HERRENWEG de TURCKHEIM 2012, polvere da sparo che pizzica al primo impatto, poi cedro, pompelmo, agrumi ma non lime. Qui il livello si alza.(e anche il prezzo, siamo a 32)
Uno dei protagonisti assoluti della serata: RIESLING CLOS WINDSBUHL 2010, davvero eccelso. Idrocarburo e frutta matura. Vibrante, verticale, citrino, bocca pulita e desiderosa di incontrarlo nuovamente... (55 euro però!!)
GEWURTZTRAMINER 2013, aroma tipico del vitigno, con le classiche sensazioni riconoscibli di litchi e rosa fresca, a dire il vero però a confronto, per lo stesso prezzo acquisterei il NUSSBAUMER a occhi chiusi. Nulla toglie al fatto che sia un gran bel prodotto.
Secondo vino eccezionale, il MUSCAT HERRENWEG 2008, note dell'evoluzione molto presenti, innanzitutto dal colore, che super le note dorate, virando nell'ambra brillante. Qui non si avvertono note di moscato, ma note di frutta cotta, mela e pera (credo si dovesse aprire un po' di più, magari averlo avuto a casa...) albicocca secca, basso residuo zuccherino, ma presente.
Un vino dall'ottimo rapporto Q/P è stato il ZIND 2010, che prende il nome dell'azienda, l'ho anche acquistato! Non posso dire che sia stato al livello degli altri, ma senz'altro mi ha lasciato una bocca perfetta e il ricordo dell'idea produttiva del vignaiolo.
Finale con i due dolci, che non ho apprezzato, forse a causa dell'abbinamento poco riuscito, mousse con crema all'arancia e cioccolato fondente, troppo intensa e anche fredda quindi inabbinabile.
Cercherò ancora questi vini e li consiglio vivamente.
domenica 8 marzo 2015
Degustazione AIS a Treviso assieme a Luca Martini, i vini del vecchio mondo
Libano, Israele e Georgia, culla della vite e del vino, sono paesi poco conosciuti in Italia dal punto di vista della produzione di vino.
O meglio, sappiamo tutti che ne producono, ma a dire il vero non sono molto ben distribuiti nè proposti nelle enoteche. Dopo questa serata mi sento proprio di dire che dovrebbero.
Il delegato AIS di Treviso, Wladimiro Gobbo, presenta il grande campione toscano Luca Martini, miglior sommelier WSA 2013, assieme ad un panificatore e un affinatore della zona e alle rappresentanti del consorzio del prosecco Valdobbiadene Superiore.
Unica pecca della serata la marchettona di un abbondante quarto d'ora sul prosecco, sulla denominazione, quanti sono i produttori, quanti ettari, ecc ecc... Che nervoso mi ha fatto.
Poi Luca ha chiesto scherzosamente alla rappresentante se fosse veramente il metodo ancestrale il prosecco tradizionale, lei ha risposto che in realtà è nato prima il prosecco fermo (ma cosa dice!!) infatti Gobbo ha corretto il tiro dicendo che è il colfondo... che figuraccia.
A parte questo la serata si è svolta benissimo, considerate le persone in sala (credo più di cento sicuramente), ottimo servizio, rapido e senza sbavature, i vini proposti sono stati spiegati da Luca con descrittori inusuali e soprattutto con grande modestia e bravura.
1. Chateau MUSAR white 2000, il nome dei vini libanesi conferma la grande presenza di enologi e vitigni provenienti dalla Francia, in questo caso si tratta di OBAIDEH e MERVAH, due nomi che non sentiremo spesso, ma fanno riferimento ad altri due ben più famosi, rispettivamente SEMILLON e CHASSELAS.
Prima annata in commercio, colore TOPAZIO, un colore brillante, vivo, è una gemma preziosa, splendido. Speziatura molto presente appena si mette il naso nel bicchiere, legno di cedro (in libano è anche l'albero nazionale!), fiori di zagara, timo, rosmarino, mandorla e note burrose come di burro di arachidi.
Avvolgente, secco, chiude su note mielate, minerale, finale anche di nettarina. Un filo di tannino, probabilmente ha macerato qualche ora sulle bucce, e buona corrispondenza naso/bocca.
Io l'ho adorato e sebbene avesse 15 anni chi li sentiva!!
2. Chateau MUSAR Red 1998 un rosso dopo un bianco, scelta che va contro alle normali regole ma con Luca si può, infatti ogni assaggio era calcolato bene. Stesso produttore, stessa vallata, Bekaa, qui siamo come vigneti nel sud della Francia, Cabernet Sauvignon, Carignan e Cinsault.
Colore e sentori dell'evoluzione. Luca rileva che forse l'annata o il luogo stesso erano molto caldi infatti ci sono stati probabilmente dei problemi in fase di maturazione; ricorda lo stile dello Chateneuf du Pape.
Poca materia colorante, note balsamiche, gomma bruciata, china, curcuma, ematico, menta selvatica.
Secco e fresco, asciuga le mucose, note fruttate, corrispondenza meno marcata del primo, prugna fresca.
Questo vino per me non aveva lo stesso "quid" emozionale del primo, non l'ho compreso forse. Resta il fatto che fosse veramente interessante.
3. Iago Bitarishvili Chardakhi 2012 anforato, siamo in Georgia, regione Kartli,vitigno CHINURI, qui i vitigni autoctoni sono talmente tanti (oltre 1200 ma possiamo dire che vinificati in quantità maggiori solo la metà) che superano la ricchezza ampelografica italiana (unico paese al mondo che ci supera). Qui entriamo nel mondo degli anforati, vini che vengono lavorati in queste grandi anfore (ma più piccole di quelle di Gravner)
Note ossidative subito preponderanti, lento nel bicchiere, lacrime lente e archetti fitti, the al gelsomino, anice, pesca secca, albicocca secca, papaya, pasta al curry . Secco, caldo, pieno, fresco, tannico, un tannino che dà spessore al sorso, cremoso, che lascia in bocca note pulite.
Intenso e persistente, pochissima solforosa. Ricordare il nome delle anfore QVEVRI.
4. Zurab Topuridze Chkhaveri Blanc 2013 ancora in Georgia, regione Guria, vitigno Chkaveri, è tipo uno chardonnay per capirsi, sentore di RIDOTTO (ma non me lo ricordo già più...) con questa bassa solforosa probabilmente ha risentito delle condizioni meteo o dell'umidità cambiata (sono vini molto sensibili). Caucciù, anice stellato, pompelmo (io ho sentito anche luppolo, come di birra IPA).
Vino Triple A, limone, anzi LIME, ginestra appassita, cedrata.
Vino che Luca trova molto stimolante, noi così com'era nel bicchiere proprio no, ma divertente da scoprire sì questo posso dirlo.
5. La lunga carrellata (8 campioni) continua inarrestabile, ancora in Georgia, con OUR WINE, Saperavi Grand Cru AKHOEBI 2011, Regione Kakheti, il vitigno Saperavi assomiglia ai cavalli di razza Sagrantino o Mavrodaphne, grande capacità tannica.
Cupo, non troviamo grande evoluzione, il colore è impenetrabile e macchia le pareti del bicchiere, lasciando anche molto residuo. Color melanzana, ai fianchi. Tanta freschezza (lanciando uno sguardo all'interno del bicchiere, il colore è vivido), un naso complesso etereo, come di cera (mi ha ricordato all'istante le candele colorate) cumino, caffè, cioccolato arrostito (!!!) fieno bruciato e carne alla griglia (qui Luca si è sbizzarrito!) finale di aceto balsamico al melograno (neanche sapevo esistesse).
La grande acidità bilancia ottimamente il tannino, che altrimenti sarebbe improponibile.
Abbinamento? Spiedino di pecora (le note animali vengono mitigate dal tannino), pesto di ceci e yoghurt greco.
6. Arriviamo in Israele con GAMLA Brut non vintage 2011 M.C. prodotto in Galilea, da Pinot nero e Chardonnay. Il colore si avvicina ad un cipria, era più su note di buccia di cipolla che dorate.
Biscotto, brioche, pane tostato, semi di finocchio, pepe bianco, note boisè (boscoso). Secco, fresco, lime, cedro candito, chiusura vibrante. E' un vino KOSHER.
In Israele i prodotti come questo (o forse tutto) deve rispettare le imposizioni della Torah, ogni prodotto deve essere controllato dal rabbino, deve seguire certe tipologie di preparazioni (in casa hanno due lavandini, uno per i preparati KOSHER), ma nel nostro caso i lieviti devono essere per forza SELEZIONATI, in quanto i lieviti indigeni non hanno provenienza o certezza, potrebbero essere "impuri"
Poco altro da dire se non che lo abbiamo ADORATO !
7. settimo campione, sempre Israeliano, YARDEN Chardonnay Organic ODEM 2012, colore ORO vivace, naso di vaniglia, cocco, banana, ananas candita, frutto della passione, latte di cocco, mela e cannella, KOSHER (lieviti francesi selezionati).
Questo vino è stato presentato secondo me per confrontare un tipo di prodotto diverso, meno stimolante degli altri ma tecnicamente perfetto (era piacevole ma troppo semplicione, i sentori erano tutti morbidi così come il vino, nessuna freschezza, tanta vaniglia ecc.).
Luca ha anche così voluto vedere cosa ne pensava la platea in sala. Tutti concordi nello "scartare" questo campione, che comunque faceva parte del percorso logico.
8. Ultimo vino, un rosso, YARDEN Pinot noir 2009 stesso produttore dello chardonnay n. 7, sempre Israele quindi, zona di Katzrin, Northern Golam. Pinot nero. Rubino, evoluto. Brilla verso tonalità mattone, sull'unghia ("RIM" in inglese) e danza lento nel calice (14,5%) lacrimazione lenta, fitta e regolare. Equilibrio fra lacrime, nel modo in cui scorrono (questo passaggio però non mi è stato chiaro, approfondirò). Naso pulito e franco. Carruba, curcuma, pepe rosa, fragola, mentuccia muraiola, funghi, champignon e charantelle.
Secco, fresco tannino polimerizzato che dà spessore e lunghezza, ricordarso le tre colonne portanti del tannino del vino: SAPORE//SPESSORE//LUNGHEZZA. Mineralità e note boisè.
Io l'ho apprezzato e mi ha ricordato un pinot nero di borgogna che ho assaggiato il mese scorso...
Grazie a Luca e alla delegazione di Treviso per questa bella esperienza, tornerò a trovarvi!
O meglio, sappiamo tutti che ne producono, ma a dire il vero non sono molto ben distribuiti nè proposti nelle enoteche. Dopo questa serata mi sento proprio di dire che dovrebbero.
Il delegato AIS di Treviso, Wladimiro Gobbo, presenta il grande campione toscano Luca Martini, miglior sommelier WSA 2013, assieme ad un panificatore e un affinatore della zona e alle rappresentanti del consorzio del prosecco Valdobbiadene Superiore.
Unica pecca della serata la marchettona di un abbondante quarto d'ora sul prosecco, sulla denominazione, quanti sono i produttori, quanti ettari, ecc ecc... Che nervoso mi ha fatto.
Poi Luca ha chiesto scherzosamente alla rappresentante se fosse veramente il metodo ancestrale il prosecco tradizionale, lei ha risposto che in realtà è nato prima il prosecco fermo (ma cosa dice!!) infatti Gobbo ha corretto il tiro dicendo che è il colfondo... che figuraccia.
A parte questo la serata si è svolta benissimo, considerate le persone in sala (credo più di cento sicuramente), ottimo servizio, rapido e senza sbavature, i vini proposti sono stati spiegati da Luca con descrittori inusuali e soprattutto con grande modestia e bravura.
1. Chateau MUSAR white 2000, il nome dei vini libanesi conferma la grande presenza di enologi e vitigni provenienti dalla Francia, in questo caso si tratta di OBAIDEH e MERVAH, due nomi che non sentiremo spesso, ma fanno riferimento ad altri due ben più famosi, rispettivamente SEMILLON e CHASSELAS.
Prima annata in commercio, colore TOPAZIO, un colore brillante, vivo, è una gemma preziosa, splendido. Speziatura molto presente appena si mette il naso nel bicchiere, legno di cedro (in libano è anche l'albero nazionale!), fiori di zagara, timo, rosmarino, mandorla e note burrose come di burro di arachidi.
Avvolgente, secco, chiude su note mielate, minerale, finale anche di nettarina. Un filo di tannino, probabilmente ha macerato qualche ora sulle bucce, e buona corrispondenza naso/bocca.
Io l'ho adorato e sebbene avesse 15 anni chi li sentiva!!
2. Chateau MUSAR Red 1998 un rosso dopo un bianco, scelta che va contro alle normali regole ma con Luca si può, infatti ogni assaggio era calcolato bene. Stesso produttore, stessa vallata, Bekaa, qui siamo come vigneti nel sud della Francia, Cabernet Sauvignon, Carignan e Cinsault.
Colore e sentori dell'evoluzione. Luca rileva che forse l'annata o il luogo stesso erano molto caldi infatti ci sono stati probabilmente dei problemi in fase di maturazione; ricorda lo stile dello Chateneuf du Pape.
Poca materia colorante, note balsamiche, gomma bruciata, china, curcuma, ematico, menta selvatica.
Secco e fresco, asciuga le mucose, note fruttate, corrispondenza meno marcata del primo, prugna fresca.
Questo vino per me non aveva lo stesso "quid" emozionale del primo, non l'ho compreso forse. Resta il fatto che fosse veramente interessante.
Anfore da vino, tratta dal web |
Note ossidative subito preponderanti, lento nel bicchiere, lacrime lente e archetti fitti, the al gelsomino, anice, pesca secca, albicocca secca, papaya, pasta al curry . Secco, caldo, pieno, fresco, tannico, un tannino che dà spessore al sorso, cremoso, che lascia in bocca note pulite.
Intenso e persistente, pochissima solforosa. Ricordare il nome delle anfore QVEVRI.
4. Zurab Topuridze Chkhaveri Blanc 2013 ancora in Georgia, regione Guria, vitigno Chkaveri, è tipo uno chardonnay per capirsi, sentore di RIDOTTO (ma non me lo ricordo già più...) con questa bassa solforosa probabilmente ha risentito delle condizioni meteo o dell'umidità cambiata (sono vini molto sensibili). Caucciù, anice stellato, pompelmo (io ho sentito anche luppolo, come di birra IPA).
Vino Triple A, limone, anzi LIME, ginestra appassita, cedrata.
Vino che Luca trova molto stimolante, noi così com'era nel bicchiere proprio no, ma divertente da scoprire sì questo posso dirlo.
5. La lunga carrellata (8 campioni) continua inarrestabile, ancora in Georgia, con OUR WINE, Saperavi Grand Cru AKHOEBI 2011, Regione Kakheti, il vitigno Saperavi assomiglia ai cavalli di razza Sagrantino o Mavrodaphne, grande capacità tannica.
Cupo, non troviamo grande evoluzione, il colore è impenetrabile e macchia le pareti del bicchiere, lasciando anche molto residuo. Color melanzana, ai fianchi. Tanta freschezza (lanciando uno sguardo all'interno del bicchiere, il colore è vivido), un naso complesso etereo, come di cera (mi ha ricordato all'istante le candele colorate) cumino, caffè, cioccolato arrostito (!!!) fieno bruciato e carne alla griglia (qui Luca si è sbizzarrito!) finale di aceto balsamico al melograno (neanche sapevo esistesse).
La grande acidità bilancia ottimamente il tannino, che altrimenti sarebbe improponibile.
Abbinamento? Spiedino di pecora (le note animali vengono mitigate dal tannino), pesto di ceci e yoghurt greco.
6. Arriviamo in Israele con GAMLA Brut non vintage 2011 M.C. prodotto in Galilea, da Pinot nero e Chardonnay. Il colore si avvicina ad un cipria, era più su note di buccia di cipolla che dorate.
Biscotto, brioche, pane tostato, semi di finocchio, pepe bianco, note boisè (boscoso). Secco, fresco, lime, cedro candito, chiusura vibrante. E' un vino KOSHER.
In Israele i prodotti come questo (o forse tutto) deve rispettare le imposizioni della Torah, ogni prodotto deve essere controllato dal rabbino, deve seguire certe tipologie di preparazioni (in casa hanno due lavandini, uno per i preparati KOSHER), ma nel nostro caso i lieviti devono essere per forza SELEZIONATI, in quanto i lieviti indigeni non hanno provenienza o certezza, potrebbero essere "impuri"
Poco altro da dire se non che lo abbiamo ADORATO !
7. settimo campione, sempre Israeliano, YARDEN Chardonnay Organic ODEM 2012, colore ORO vivace, naso di vaniglia, cocco, banana, ananas candita, frutto della passione, latte di cocco, mela e cannella, KOSHER (lieviti francesi selezionati).
Questo vino è stato presentato secondo me per confrontare un tipo di prodotto diverso, meno stimolante degli altri ma tecnicamente perfetto (era piacevole ma troppo semplicione, i sentori erano tutti morbidi così come il vino, nessuna freschezza, tanta vaniglia ecc.).
Luca ha anche così voluto vedere cosa ne pensava la platea in sala. Tutti concordi nello "scartare" questo campione, che comunque faceva parte del percorso logico.
8. Ultimo vino, un rosso, YARDEN Pinot noir 2009 stesso produttore dello chardonnay n. 7, sempre Israele quindi, zona di Katzrin, Northern Golam. Pinot nero. Rubino, evoluto. Brilla verso tonalità mattone, sull'unghia ("RIM" in inglese) e danza lento nel calice (14,5%) lacrimazione lenta, fitta e regolare. Equilibrio fra lacrime, nel modo in cui scorrono (questo passaggio però non mi è stato chiaro, approfondirò). Naso pulito e franco. Carruba, curcuma, pepe rosa, fragola, mentuccia muraiola, funghi, champignon e charantelle.
Secco, fresco tannino polimerizzato che dà spessore e lunghezza, ricordarso le tre colonne portanti del tannino del vino: SAPORE//SPESSORE//LUNGHEZZA. Mineralità e note boisè.
Io l'ho apprezzato e mi ha ricordato un pinot nero di borgogna che ho assaggiato il mese scorso...
Grazie a Luca e alla delegazione di Treviso per questa bella esperienza, tornerò a trovarvi!
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sabato 28 febbraio 2015
Visita alla manifestazione Sorgente del Vino a Piacenza 16/2
Non avrei mai pensato di fare un'esperienza tanto bella e interessante, devo dirlo...
A Piacenza, alla fiera "Sorgente del Vino" lunedì 16/2 ho incontrato molti produttori, ne ho percepito la grande passione, anche se era il terzo giorno di fiera e si vedeva quanto fossero affaticati.
Molte le regioni italiane rappresentate e buona affluenza (gli altri giorni c'era una fiumana di gente), si sono presentati anche altri paesi, Francia, Croazia, Grecia (un solo produttore da Lesvos).
ANTONIO LIGABUE
Ricordo con particolare intensità Antonio Ligabue da Brescia, finalmente il primo produttore in vigna SINERGICO, si rifà agli insegnamenti del mestro Fukuoka (vedete la mia pagina di letture), è stupendo parlargli mentre si sorseggiano i sui prodotti, così schietti e puri, il BLE' ad esempio, così verticale e citrino, il cinghiale bianco, altro prodotto da scoprire...
Devo ricordarmi di fare un bell'ordine e sentirlo ancora parlare di come l'ambiente del suo vigneto sia completamente funzionale e quasi autosufficiente.
Ah, le sue vigne producono 400 grammi di uva per pianta. Pazzesco.
AR. PE. PE
Siamo nella Valtellina, questi ragazzi coltivano nei terrazzamenti le vigne vecchie di chiavennasca, con competenza e anche simpatia, si divertono anche in fiera!
La loro SASSELLA regina è veramente delicata, ci fanno assaggiare anche i loro nebbioli delle famose sottozone SASSELLA GRUMELLO INFERNO in magnum, ma le differenze sono molto sottili, come tra SASSELLA e GRUMELLO, quindi bisogna abituarsi e essere guidati da chi lo produce.
LA STOPPA
Abbiamo assaggiato il loro macerat, che mi è piaciuto,non ci siamo soffermati però, al tempo non sapevo che era una delle protagoniste dell'ultimo film di Nossiter... Mannaggia.
GIOVANNI MENTI
Diesel copertone bruciato, lamiera, un incidente stradale in piena regola!! E' così uno dei suoi prodotti, e direte che schifezza ! Beh, produce diversi vini e meritano di essere capiti e assaggiati, OMOMORTO, che ho già descritto è ottimo, ma assaggiate anche il suo metodo classico con aggiunta di mosto passito di garganega, venduto a testa in giù, per lasciare la possibilità al cliente di berlo limpido (dobbiamo arrangiarci con la sboccatura però) oppure velato con i suoi lieviti, in questo ultimo caso più rustico ma maggiormente verace.
TENUTE DETTORI
Moscadeddu, che vino ragazzi, profumava come la macchia mediterranea, un vino ottenuto da uve stramature, non è uno dei solito moscati che riconosciamo subito, o meglio, la sensazione del moscato esiste (moscato di Alessandria) ma è arricchita da molteplici altre emozioni, salvia, rosmarino, mirto. Fa anche due giorni di macerazione.
CA DEL VENT
La bellissima idea che ho della Franciacorta, e non ho mai assaggiato veramente, si è improvvisamente materializzata con lo sforzo di questi ragazzi che lavorano in biodinamica, che mi hanno fatto degustare delle bombe di sapore, veramente resti con gli occhi stralunati... Il loro base è forte, sincero, perchè senza aggiunta di dosaggio, sereno, perchè non viene trattato continuamente e così disturbato, anzi, nessun travaso, nè collaggi, filtrazioni o aggiunte. COSI' va fatto il vino alleluja!
Non parliamo del loro 67 mesi sui lieviti, più delicato, quasi uno champagne, ventaglio armonico di sfumature che ti fanno ritornare continuamente nel bicchiere per trovare soddisfazione. E il bello è proprio che la trovi!
A dire il vero abbiamo assaggiato molto di più ma questi sono i più interessanti incontri fatti ( e a dire il vero non c'erano molte possibilità per questioni di tempo e resistenza) e alla fine le menti erano pulite e nessun senso di pesantezza, quindi i vini erano sani e non adulterati o troppo pieni di solforosa.
Ho potuto anche acquistare il nuovo film di Nossiter, Resistenza Naturale, che vi consiglio, perchè, al contrario di Mondovino, di 10 anni fa, qui il regista mette pochissimi suoi commenti ( ma sempre taglienti e stimolanti) e lascia che siano i protagonisti a parlare.
Trovo assurdo che il mondo accademico (ad esempio nelle università di enologia) non sia aperto alle idee di persone che seguono strade diverse dalla tradizionale enologia, che sembra sia solo chimica.
Si evince che i lavoratori del settore sono convinti che solo con la chimica, gestita bene, la vigna può prosperare ma non solo, senza chimica MORIREBBE !! Beh, questa è ignoranza.
Da ridere il passaggio dove i professori lodano il Tavernello come simbolo imprenditoriale e eccellenza industriale italiana, fonte di lavoro per migliaia di persone (sottopagate di sicuro), Nossiter gli chiede "lei lo beve?" e il professore si incarta, si impapera, con tutti gli studenti che ridono!
A Piacenza, alla fiera "Sorgente del Vino" lunedì 16/2 ho incontrato molti produttori, ne ho percepito la grande passione, anche se era il terzo giorno di fiera e si vedeva quanto fossero affaticati.
Molte le regioni italiane rappresentate e buona affluenza (gli altri giorni c'era una fiumana di gente), si sono presentati anche altri paesi, Francia, Croazia, Grecia (un solo produttore da Lesvos).
ANTONIO LIGABUE
Ricordo con particolare intensità Antonio Ligabue da Brescia, finalmente il primo produttore in vigna SINERGICO, si rifà agli insegnamenti del mestro Fukuoka (vedete la mia pagina di letture), è stupendo parlargli mentre si sorseggiano i sui prodotti, così schietti e puri, il BLE' ad esempio, così verticale e citrino, il cinghiale bianco, altro prodotto da scoprire...
Devo ricordarmi di fare un bell'ordine e sentirlo ancora parlare di come l'ambiente del suo vigneto sia completamente funzionale e quasi autosufficiente.
Ah, le sue vigne producono 400 grammi di uva per pianta. Pazzesco.
AR. PE. PE
Siamo nella Valtellina, questi ragazzi coltivano nei terrazzamenti le vigne vecchie di chiavennasca, con competenza e anche simpatia, si divertono anche in fiera!
La loro SASSELLA regina è veramente delicata, ci fanno assaggiare anche i loro nebbioli delle famose sottozone SASSELLA GRUMELLO INFERNO in magnum, ma le differenze sono molto sottili, come tra SASSELLA e GRUMELLO, quindi bisogna abituarsi e essere guidati da chi lo produce.
LA STOPPA
Abbiamo assaggiato il loro macerat, che mi è piaciuto,non ci siamo soffermati però, al tempo non sapevo che era una delle protagoniste dell'ultimo film di Nossiter... Mannaggia.
GIOVANNI MENTI
Diesel copertone bruciato, lamiera, un incidente stradale in piena regola!! E' così uno dei suoi prodotti, e direte che schifezza ! Beh, produce diversi vini e meritano di essere capiti e assaggiati, OMOMORTO, che ho già descritto è ottimo, ma assaggiate anche il suo metodo classico con aggiunta di mosto passito di garganega, venduto a testa in giù, per lasciare la possibilità al cliente di berlo limpido (dobbiamo arrangiarci con la sboccatura però) oppure velato con i suoi lieviti, in questo ultimo caso più rustico ma maggiormente verace.
TENUTE DETTORI
Moscadeddu, che vino ragazzi, profumava come la macchia mediterranea, un vino ottenuto da uve stramature, non è uno dei solito moscati che riconosciamo subito, o meglio, la sensazione del moscato esiste (moscato di Alessandria) ma è arricchita da molteplici altre emozioni, salvia, rosmarino, mirto. Fa anche due giorni di macerazione.
CA DEL VENT
La bellissima idea che ho della Franciacorta, e non ho mai assaggiato veramente, si è improvvisamente materializzata con lo sforzo di questi ragazzi che lavorano in biodinamica, che mi hanno fatto degustare delle bombe di sapore, veramente resti con gli occhi stralunati... Il loro base è forte, sincero, perchè senza aggiunta di dosaggio, sereno, perchè non viene trattato continuamente e così disturbato, anzi, nessun travaso, nè collaggi, filtrazioni o aggiunte. COSI' va fatto il vino alleluja!
Non parliamo del loro 67 mesi sui lieviti, più delicato, quasi uno champagne, ventaglio armonico di sfumature che ti fanno ritornare continuamente nel bicchiere per trovare soddisfazione. E il bello è proprio che la trovi!
A dire il vero abbiamo assaggiato molto di più ma questi sono i più interessanti incontri fatti ( e a dire il vero non c'erano molte possibilità per questioni di tempo e resistenza) e alla fine le menti erano pulite e nessun senso di pesantezza, quindi i vini erano sani e non adulterati o troppo pieni di solforosa.
Ho potuto anche acquistare il nuovo film di Nossiter, Resistenza Naturale, che vi consiglio, perchè, al contrario di Mondovino, di 10 anni fa, qui il regista mette pochissimi suoi commenti ( ma sempre taglienti e stimolanti) e lascia che siano i protagonisti a parlare.
Trovo assurdo che il mondo accademico (ad esempio nelle università di enologia) non sia aperto alle idee di persone che seguono strade diverse dalla tradizionale enologia, che sembra sia solo chimica.
Si evince che i lavoratori del settore sono convinti che solo con la chimica, gestita bene, la vigna può prosperare ma non solo, senza chimica MORIREBBE !! Beh, questa è ignoranza.
Da ridere il passaggio dove i professori lodano il Tavernello come simbolo imprenditoriale e eccellenza industriale italiana, fonte di lavoro per migliaia di persone (sottopagate di sicuro), Nossiter gli chiede "lei lo beve?" e il professore si incarta, si impapera, con tutti gli studenti che ridono!
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I vini della Borgogna - 19/1
La Borgogna, questo grande mito, devo dire che non stupisce sempre, anzi a volte mi sembra che stiano aprofittando della situazione di mercato per immettere prodotti non all'altezza... Sembrano paroloni, ma mi dareste ragione assaggiando i prodotti in degustazione.
Perfino a Chablis dovrebbero avere sempre una qualità eccelsa, ma non è così, almeno dall'esperienza fatta ieri sera (19/1) alle Osterie Moderne. I due assaggi erano per l'appunto poco eleganti e a dire il vero anche leggermente vegetali, non proprio l'aspettativa per un buon chardonnay.
Diciamo che per il prezzo di 32 euro proposto, sulla carta, considerate le zone offerte era anche buono, Chablis, appunto, ma anche Mersault, Gevrey-chambertin, Chambolle-Musigny, Volnay, ma soprattutto Nuits-St-Georges.....
Scrivo questo post molto tardi rispetto all'esperienza, sia per questioni di sovraccarico di esperienze (Milano e Piacenza sono state illuminanti) ma soprattutto per la scarsa soddisfazione che mi ha lasciato partecipare a questa serata.
Non ho preso appunti ma posso dire che l'unico vino che mi piace ricordare, e lo meritava davvero, è stato il Marc Morey Puligny-Montrachet 2012 "Les Referts" 1er cru, gran bella persistenza, chardonnay in purezza, stupisce che negli ann si sia molto spostato il prezzo di vendita, arrivando nel 2009 a 230-250 euro a bottiglia! Oggi sembra stabile sotto i 50 euro, vedete come la borgogna può cumentare i prezzi.
Va detto che sono ben 562 i villaggi che si possono fregiare della premier cru, resta comunque il fatto che non è la massima scala di qualità in borgogna, infatti parliamo di GRAND CRU solamente nel caso del 2% della produzione, e si tratta di 33 VIGNETI, esatto là premiano le parcelle maggiormente vocate.
Anche i vini sono chiamati in etichetta in questo ultimo caso con la parcela, ad esempio "Corton-Charlemagne GRAND CRU" e non si capisce che si tratta di Chardonnay, ma chi conosce l'AOC sa che è l'unico vitigno permesso.
Altro esempio, La Tache, dedita al PINOT NERO è forse addirittura il vigneto più vocato al mondo (Domaine de la Romaneè Conti ne possiede una buona parte).
Perfino a Chablis dovrebbero avere sempre una qualità eccelsa, ma non è così, almeno dall'esperienza fatta ieri sera (19/1) alle Osterie Moderne. I due assaggi erano per l'appunto poco eleganti e a dire il vero anche leggermente vegetali, non proprio l'aspettativa per un buon chardonnay.
Diciamo che per il prezzo di 32 euro proposto, sulla carta, considerate le zone offerte era anche buono, Chablis, appunto, ma anche Mersault, Gevrey-chambertin, Chambolle-Musigny, Volnay, ma soprattutto Nuits-St-Georges.....
Scrivo questo post molto tardi rispetto all'esperienza, sia per questioni di sovraccarico di esperienze (Milano e Piacenza sono state illuminanti) ma soprattutto per la scarsa soddisfazione che mi ha lasciato partecipare a questa serata.
Non ho preso appunti ma posso dire che l'unico vino che mi piace ricordare, e lo meritava davvero, è stato il Marc Morey Puligny-Montrachet 2012 "Les Referts" 1er cru, gran bella persistenza, chardonnay in purezza, stupisce che negli ann si sia molto spostato il prezzo di vendita, arrivando nel 2009 a 230-250 euro a bottiglia! Oggi sembra stabile sotto i 50 euro, vedete come la borgogna può cumentare i prezzi.
Va detto che sono ben 562 i villaggi che si possono fregiare della premier cru, resta comunque il fatto che non è la massima scala di qualità in borgogna, infatti parliamo di GRAND CRU solamente nel caso del 2% della produzione, e si tratta di 33 VIGNETI, esatto là premiano le parcelle maggiormente vocate.
Anche i vini sono chiamati in etichetta in questo ultimo caso con la parcela, ad esempio "Corton-Charlemagne GRAND CRU" e non si capisce che si tratta di Chardonnay, ma chi conosce l'AOC sa che è l'unico vitigno permesso.
Altro esempio, La Tache, dedita al PINOT NERO è forse addirittura il vigneto più vocato al mondo (Domaine de la Romaneè Conti ne possiede una buona parte).
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venerdì 27 febbraio 2015
Convegno - La Mineralità presso il Palazzo del Ghiaccio a Milano 22/2
Abbiamo colto l'occasione e avuto il privilegio, io e Pietro, di assistere alla conferenza dello stimato enologo/giornalista francese David Levebvre a Milano, il 22 febbraio 2015.
Supportato dall'eccellente Samuel Cogliati (ha scritto il libro sul maltrattamento del territorio nella Champagne, Porthos edizioni) che traduceva all'istante dal francese, il sig. Lefebvre ci ha parlato della Mineralità.
Un sentore fin troppo evocato dai sommelier, a volte a sproposito (ho sentito dire che "siccome non sento nulla di particolare dico che è minerale"), ma perchè diciamo che un vino è minerale?
Si sentono le note di grafite, di pietra focaia, di petrolio, di benzina, iodio, ferro ecc?
Certo che si sentono, David non intende dire che i nostri "fiuti" si sbaglino.
Dice solo che il sale NON HA ODORE, così come lo iodio o il ferro.
Facciamo un passo indietro, perchè la degustazione era DAVVERO tecnica e chi, come me, non ha nessuna base solida in chimica (ma Pietro navigava nell'oro!) arrancava per stare al passo.
Esistono due tipi di materia, ORGANICA e MINERALE.
La materia organica ha odore e si decompone => perchè ha una struttura INSTABILE.
La materia minerale (o inorganica) non ha odore e non si decompone => perchè ha una struttura STABILE.
In natura la materia TENDE ALLA STABILITA' molecolare.
Es. il VETRO è stabile (dura millenni), un filo d'erba è instabile e decomponendosi si stabilizza.
Possiamo anche dire che un sinonimo per decomposizione (poco elegante ma esatto) è MINERALIZZAZIONE e si ottiene solamente con due fattori: O+T ossigeno e tempo, quindi il procedimento di affinamento in legno per esempio è una mineralizzazione.
La materia si scompone in atomi più piccoli e quindi più stabili, arrivando essenzialmente all'origine, ACQUA, CENERI e CARBONIO.
Per liberare e fare così in modo che le molecole di minerali (ferro, manganese, calcio, potassio ecc.) siano percepibili, le catene complesse nel vino devono rilasciare questi elementi durante il processo di ossidazione/affinamento/decomposizione.
Chiarito questo elemento, dobbiamo parlare della percezione di mineralità, dovuta alla veicolazione di elementi volatili verso il naso: nel caso degli aromi primari, ad esempio (i terpeni), sono veicolati dai glicosilati, nel caso dello iodio dal cosiddetto "aereosol" del mare, che fa evaporare la battigia e veicola il minerale di iodio.
Nel caso del vino si tratta di composti solforati che veicolano i sali.
Sembra inoltre anche che la scomposizione della SO2 conduca per degenerazione ai sentori di idrocarburo, di petrolio.
Secondo David la mineralità ha maggiore significato in bocca, dove si percepisce la sensazione salina, e là è effettivamente riconducibile ai minerali disciolti.
Abbiamo degustato 7 vini, due Sylvaner, tre Pinot Gris e due Gewurtz.
I primi due erano derivati dallo stesso vigneto, ma uno aveva subito trattamento con SO2, mentre l'altro NO. Il primo era minerale, sentori di pietra focaia, di sasso, mentre il secondo niente, solo in bocca percepivi la sapidità. Scioccante! La SO2 fa percepire i minerali di più, ma rende l'insieme meno armonico!
I pinot gris erano molto diversi e non ci siamo soffermati molto ma avevno diversi gradi di minerale e diverse concentrazioni (o nulle) di SO2.
Infine, dall'ultimo produttore i Gewurtztraminer, il primo con residuo zuccherino (ma non è propriamente come anticamente si faceva in Alsazia) e aromatico da matti... (qui però non ho registrato se avesse oppure no SO2, chiederò a Pietro)
RICAPITOLANDO:
1- Il vino con più minerali al suo interno E' PIU' ARMONICO, è un insieme più coerente
2- Il vino con più ceneri NON E' DETTO che sia il più minerale, dipende dalla QUALITA' dei minerali estratti dalla pianta (esperimento di Lefebvre su 60 campioni alsaziani, il residuo del campione con meno ceneri aveva sensazioni più sapide)
3- Il vino prodotto in zone più ricche di minerali NON E' SEMPRE DETTO che sia minerale, ci sono troppi fattori, tra i quali la filtrazione delle radici ad esempio
4- il vino senza solfiti e naturale è migliore per l'assorbimento dei minerali dal terreno? Nessun esperimento condotto finora, solo sulle acque.
5- La sapidità si percepisce con maggiore certezza IN BOCCA, non al naso, essendo essenzialmente una soluzione di sali.
Una relazione tosta e difficile, alla quale ho potuto attingere solo parzialmente tutte le nozioni, ma ho acquistato la dispensa e me la ripasserò a casa...
Inoltre abbiamo visitato anche la manifestazione LIVEWINE 2015, trovando molti dei produttori visitati a Piacenza, bello poter parlare con Pàcinae asaggiare il suo splendido SYRAH e il tradizionale Chianti declassato dal consorzio, ritrovare Dettori con il Moscadeddu, parlare con Wallace, signora americana, produttrice di Dolcetto di Ovada e molti altri, continuerò a visitare queste manifestazioni "verdi" che credo fermamente siano il futuro dove guardare per il mondo dell'agricoltura e viticoltura nello specifico.
Supportato dall'eccellente Samuel Cogliati (ha scritto il libro sul maltrattamento del territorio nella Champagne, Porthos edizioni) che traduceva all'istante dal francese, il sig. Lefebvre ci ha parlato della Mineralità.
Un sentore fin troppo evocato dai sommelier, a volte a sproposito (ho sentito dire che "siccome non sento nulla di particolare dico che è minerale"), ma perchè diciamo che un vino è minerale?
Si sentono le note di grafite, di pietra focaia, di petrolio, di benzina, iodio, ferro ecc?
Certo che si sentono, David non intende dire che i nostri "fiuti" si sbaglino.
Dice solo che il sale NON HA ODORE, così come lo iodio o il ferro.
Facciamo un passo indietro, perchè la degustazione era DAVVERO tecnica e chi, come me, non ha nessuna base solida in chimica (ma Pietro navigava nell'oro!) arrancava per stare al passo.
Esistono due tipi di materia, ORGANICA e MINERALE.
La materia organica ha odore e si decompone => perchè ha una struttura INSTABILE.
La materia minerale (o inorganica) non ha odore e non si decompone => perchè ha una struttura STABILE.
In natura la materia TENDE ALLA STABILITA' molecolare.
Es. il VETRO è stabile (dura millenni), un filo d'erba è instabile e decomponendosi si stabilizza.
Possiamo anche dire che un sinonimo per decomposizione (poco elegante ma esatto) è MINERALIZZAZIONE e si ottiene solamente con due fattori: O+T ossigeno e tempo, quindi il procedimento di affinamento in legno per esempio è una mineralizzazione.
La materia si scompone in atomi più piccoli e quindi più stabili, arrivando essenzialmente all'origine, ACQUA, CENERI e CARBONIO.
Per liberare e fare così in modo che le molecole di minerali (ferro, manganese, calcio, potassio ecc.) siano percepibili, le catene complesse nel vino devono rilasciare questi elementi durante il processo di ossidazione/affinamento/decomposizione.
Chiarito questo elemento, dobbiamo parlare della percezione di mineralità, dovuta alla veicolazione di elementi volatili verso il naso: nel caso degli aromi primari, ad esempio (i terpeni), sono veicolati dai glicosilati, nel caso dello iodio dal cosiddetto "aereosol" del mare, che fa evaporare la battigia e veicola il minerale di iodio.
Nel caso del vino si tratta di composti solforati che veicolano i sali.
Sembra inoltre anche che la scomposizione della SO2 conduca per degenerazione ai sentori di idrocarburo, di petrolio.
Secondo David la mineralità ha maggiore significato in bocca, dove si percepisce la sensazione salina, e là è effettivamente riconducibile ai minerali disciolti.
Abbiamo degustato 7 vini, due Sylvaner, tre Pinot Gris e due Gewurtz.
I primi due erano derivati dallo stesso vigneto, ma uno aveva subito trattamento con SO2, mentre l'altro NO. Il primo era minerale, sentori di pietra focaia, di sasso, mentre il secondo niente, solo in bocca percepivi la sapidità. Scioccante! La SO2 fa percepire i minerali di più, ma rende l'insieme meno armonico!
I pinot gris erano molto diversi e non ci siamo soffermati molto ma avevno diversi gradi di minerale e diverse concentrazioni (o nulle) di SO2.
Infine, dall'ultimo produttore i Gewurtztraminer, il primo con residuo zuccherino (ma non è propriamente come anticamente si faceva in Alsazia) e aromatico da matti... (qui però non ho registrato se avesse oppure no SO2, chiederò a Pietro)
RICAPITOLANDO:
1- Il vino con più minerali al suo interno E' PIU' ARMONICO, è un insieme più coerente
2- Il vino con più ceneri NON E' DETTO che sia il più minerale, dipende dalla QUALITA' dei minerali estratti dalla pianta (esperimento di Lefebvre su 60 campioni alsaziani, il residuo del campione con meno ceneri aveva sensazioni più sapide)
3- Il vino prodotto in zone più ricche di minerali NON E' SEMPRE DETTO che sia minerale, ci sono troppi fattori, tra i quali la filtrazione delle radici ad esempio
4- il vino senza solfiti e naturale è migliore per l'assorbimento dei minerali dal terreno? Nessun esperimento condotto finora, solo sulle acque.
5- La sapidità si percepisce con maggiore certezza IN BOCCA, non al naso, essendo essenzialmente una soluzione di sali.
Una relazione tosta e difficile, alla quale ho potuto attingere solo parzialmente tutte le nozioni, ma ho acquistato la dispensa e me la ripasserò a casa...
Inoltre abbiamo visitato anche la manifestazione LIVEWINE 2015, trovando molti dei produttori visitati a Piacenza, bello poter parlare con Pàcinae asaggiare il suo splendido SYRAH e il tradizionale Chianti declassato dal consorzio, ritrovare Dettori con il Moscadeddu, parlare con Wallace, signora americana, produttrice di Dolcetto di Ovada e molti altri, continuerò a visitare queste manifestazioni "verdi" che credo fermamente siano il futuro dove guardare per il mondo dell'agricoltura e viticoltura nello specifico.
martedì 17 febbraio 2015
Gruppo di assaggio - terza serata
Un'altra serata dedicata alla palestra gusto olfattiva, questa volta siamo solo in due, ma è difficile conciliare gli impegni di tante persone...
Comunque non ho voluto per questo trattenere il livello dei vini, quindi ho portato delle belle bottiglie.
Bottiglie bendate. Inizio con un vino giallo paglierino, mi viene da pensare, visto il colore e al primo naso, che innanzitutto NON si tratti di un vino aromatico nè semiaromatico, con sentori assolutamente non vegetali, ma fruttati e una buona sensazione di sasso.
In bocca è alcolico, minerale e fresco, che sia un vino friuliano? Penso alla maturità bassa delle uve e a climi freddi... INVECE NO ! Un Grillo in purezza, ma a dire il vero poco identitario a questo punto...
Passiamo al mio primo rosso, colore rosso rubino trasparente, pochissimi antociani, mediamente di corpo e dai sentori tipici, questo era chiaramente al naso un pinot nero.
Poi in bocca, fresco, scorrevolissimo, gran frutto ma anche grande piacevolezza, quasi finita la bottiglia in due!!
Francia, Domaine Lejeune, pinot nero, gran bella bottiglia.
Terzo vino, sempre rosso, grosso nel bicchiere, carico e pesante, sfumature aranciate, chiuso ancora al naso e molto timido.
In bocca davvero carnoso e solido, con sensazioni di marmellata di ciliegie, e a dire il vero, poco altro.
Chianti classico riserva 2009, mi ha deluso.
Ultimo assaggio, il mio sempre valido Burmester PORTO LBV 2005, che bevo da almeno due anni e mi sembra migliori sempre ogni volta... Grandissima complessità e ricchezza sia al naso che in bocca, .
Tranne Lejeune non cito gli altri produttori, non sento il bisogno di ricordarli.
Comunque non ho voluto per questo trattenere il livello dei vini, quindi ho portato delle belle bottiglie.
Bottiglie bendate. Inizio con un vino giallo paglierino, mi viene da pensare, visto il colore e al primo naso, che innanzitutto NON si tratti di un vino aromatico nè semiaromatico, con sentori assolutamente non vegetali, ma fruttati e una buona sensazione di sasso.
In bocca è alcolico, minerale e fresco, che sia un vino friuliano? Penso alla maturità bassa delle uve e a climi freddi... INVECE NO ! Un Grillo in purezza, ma a dire il vero poco identitario a questo punto...
Passiamo al mio primo rosso, colore rosso rubino trasparente, pochissimi antociani, mediamente di corpo e dai sentori tipici, questo era chiaramente al naso un pinot nero.
Poi in bocca, fresco, scorrevolissimo, gran frutto ma anche grande piacevolezza, quasi finita la bottiglia in due!!
Francia, Domaine Lejeune, pinot nero, gran bella bottiglia.
Terzo vino, sempre rosso, grosso nel bicchiere, carico e pesante, sfumature aranciate, chiuso ancora al naso e molto timido.
In bocca davvero carnoso e solido, con sensazioni di marmellata di ciliegie, e a dire il vero, poco altro.
Chianti classico riserva 2009, mi ha deluso.
Ultimo assaggio, il mio sempre valido Burmester PORTO LBV 2005, che bevo da almeno due anni e mi sembra migliori sempre ogni volta... Grandissima complessità e ricchezza sia al naso che in bocca, .
Tranne Lejeune non cito gli altri produttori, non sento il bisogno di ricordarli.
domenica 15 febbraio 2015
Pinot nero italiano, serata ricorrente e di successo alle O.M.
Avevamo già partecipato l'anno scorso alla serata dei pinot neri italiani, ma è giusto continuare a tenere vivido il concetto in mente, tipicità del vitigno e territori.
Molto Trentino Alto Adige e qualche presenza tra Val d'Aosta e Veneto (Buvoli).
Unico campione dalla Valdaosta, quello di Ottin del 2013, come aspettavo, magro, duro e dal tannino crudo, ma al naso donava sensazioni muschiate e terrose, di geosmina.
Un altro solitario campione da una regione, il Friuli VG. e devo dire che non sembrava proprio un pinot nero di questa regione, ma quasi dell'Alto Adige, da Masut Da Rive, azienda della quale dovrò assaggiare la riserva, questo è il base, che comunque aveva riconoscimenti tipici del pinot nero.
Iniziando con i vari prodotti dell'Alto Adige, non hanno sorpreso il Saint Michael Eppan nè il Manicor, ma ad altri colleghi quest'ultimo era piaciuto, a mio avviso chiuso ancora, abbastanza intenso e abbastanza anonimo.
Migliori il tenuta Krantzl, il Pelz e migliore fra tutti questi 2012 è senz'altro il Castel Sallegg che merita di essere menzionato per il suo incredibile rapporto qualità prezzo (qui alle osterie moderne lo davano a 9 euro! Va detto che in enoteca gira intorno ai 18 euro però...) è il vino di punta dell'azienda e la produzione è di circa 3000-3500 bottiglie l'anno.
I due toscani hanno suscitato interesse tra i colleghi di tavolata, forse meglio dei due il Podere Frtuna, che a mio avviso non meritava tanto entusiasmo,io ho adorato i trentini (ma dopo gli atesini) e soprattutto il Dalzocchio , vinificazione con fermentazione spontanea e senza aggiunta di lieviti selezionati , barriques per 18 mesi in cantine del 1700 (leggo dall'opusocolo) con sentori spiccati di cacao amaro e moncherie, davvero ottimo e complesso.
Finale col botto, e conoscendo le degustazioni delle osterie, non accade spesso, il Marco Buvoli, del 2003.
Mai sentito un pinot nero così sono rimasto spiazzato, arrivava a terziari incredibili, frutta passita, canditi, mostarda, polvere di caffè... Beh non ha bisogno di altri commenti, fantastico.
Molto Trentino Alto Adige e qualche presenza tra Val d'Aosta e Veneto (Buvoli).
Unico campione dalla Valdaosta, quello di Ottin del 2013, come aspettavo, magro, duro e dal tannino crudo, ma al naso donava sensazioni muschiate e terrose, di geosmina.
Un altro solitario campione da una regione, il Friuli VG. e devo dire che non sembrava proprio un pinot nero di questa regione, ma quasi dell'Alto Adige, da Masut Da Rive, azienda della quale dovrò assaggiare la riserva, questo è il base, che comunque aveva riconoscimenti tipici del pinot nero.
Iniziando con i vari prodotti dell'Alto Adige, non hanno sorpreso il Saint Michael Eppan nè il Manicor, ma ad altri colleghi quest'ultimo era piaciuto, a mio avviso chiuso ancora, abbastanza intenso e abbastanza anonimo.
Migliori il tenuta Krantzl, il Pelz e migliore fra tutti questi 2012 è senz'altro il Castel Sallegg che merita di essere menzionato per il suo incredibile rapporto qualità prezzo (qui alle osterie moderne lo davano a 9 euro! Va detto che in enoteca gira intorno ai 18 euro però...) è il vino di punta dell'azienda e la produzione è di circa 3000-3500 bottiglie l'anno.
I due toscani hanno suscitato interesse tra i colleghi di tavolata, forse meglio dei due il Podere Frtuna, che a mio avviso non meritava tanto entusiasmo,io ho adorato i trentini (ma dopo gli atesini) e soprattutto il Dalzocchio , vinificazione con fermentazione spontanea e senza aggiunta di lieviti selezionati , barriques per 18 mesi in cantine del 1700 (leggo dall'opusocolo) con sentori spiccati di cacao amaro e moncherie, davvero ottimo e complesso.
Finale col botto, e conoscendo le degustazioni delle osterie, non accade spesso, il Marco Buvoli, del 2003.
Mai sentito un pinot nero così sono rimasto spiazzato, arrivava a terziari incredibili, frutta passita, canditi, mostarda, polvere di caffè... Beh non ha bisogno di altri commenti, fantastico.
domenica 8 febbraio 2015
I distillati di Capovilla, grande maestro da Rosà
Dopo aver letto un post dal blog di Scanzi, mi sono sempre chiesto quale fosse la qualità e la complessità dei distillati prodotti da Capovilla, a Rosà (VI).
Ieri pomeriggio ho avuto modo non solo di sentirlo dallo stesso produttore, ma anche di provarli di persona e rimanere basito.
normalmente un veneto conosce la grappa fin da diciottenne, tra amici si beve anche quasi per sfida, perchè spesso non piace, si deve fartela piacere perchè la bevono tutti...
In realtà con il tempo (tanto tempo) si riesce a escludere quel muro alcolico che pervade le narici e a capire qualcosa di più.
Il Maestro ieri ci ha insegnato dei trucchi per degustare meglio un distillato, innanzitutto NON si deve considerare il sentore predominante come identificativo del prodotto impiegato, se non contiene sufficienti terpeni aromatici. Mi spiego meglio: se avete di fronte una grappa di Amarone non dovrete ricercare nel profumo le sensazioni di vinaccia, oppure nel distillato di ciliegie selvatiche le sensazioni di frutta fresca.
Si deve prima di tutto capire il giusto bicchiere, ce ne sono molti e di svariate forme, in generale bisogna capire la "pancia", il "camino" e la meccanica di centrifuga, per adeguare la tipologia di profumi al bicchiere. Per esempio una grappa di amarone non ha grandi profumi, perchè lavora più sulla potenza di estratto e di intensità in bocca, quindi non serve convogliare gli aromi. Invece una grappa di Traminer aromatico va valorizzata, con la grande quantità di terpeni ottenuti.
Anche altra frutta contiene molti terpeni (tutta la frutta ne ha ma alcune tipologie ne hanno maggiori e migliori quantità) come le pere o le albicocche per esempio.
Per ultimo il consiglio più pratico, un soffio nel bicchiere per togliere l'alcool in eccesso e via dentro col naso.
Ci ha raccontato (dopo il video di presentazione, fotografia eccellente e anche il montaggio) la sua realtà aziendale, la ricerca della qualità e la assoluta mancanza di elementi (anche se consentiti) aggiuntivi, fino a 50 gr litro di sostanze aromatiche, zuccheri e altre molecole.
Non so se sia un botanico, ma conosce tantissime varietà e ne ricerca sempre di nuove, quasi più per suo diletto che per reale fabbisogno commerciale... er esempio il distillato di BIRRA ! Oppure il tentativo di aggiungere il tabacco alla distillazione... Dovreste vederlo come si arrampica sugli alberi alla sua età!
Primo distillato: GRAPPA di AMARONE, assolutamente nessuna sensazione erbacea, ma dolce, in bocca potente, morbida (presente solamente lo zucchero dell'uva nelle vinacce), lunga, di corpo e a dire il vero meno d'impatto rispetto ad altre già degustate. Poi, masticando a bocca vuota, grande sensazione di pulizia e piacevolmente dolce, non saprei, come di frutta secca... Lunghissima.
Secondo, GRAPPA di TRAMINER AROMATICO, floreale stupendo iniziale molto intenso, di mughetto (non mi veniva, bravo Pietro) e altri fiori secchi. La differenza tra un prodotto commerciale e Capovilla sta nella multisfaccettatura delle sue creazioni, è come andare in un cinema 3D... Resta infatti un percorso speziato, come di cannella e chiodi di garofano (questi ultimi nominati dal Maestro)
Da sorseggiare ancora e ancora, va centellinata.
Secondo: GRAPPA di VISCIOLE, al naso mi ricorda le nocciole, nessun richiamo alle ciliegie, ma sappiamo perchè, con quello scarso rapporto polpa/nocciolo. Poi si diffonde un aroma dolce ma tenue di fiori secchi, forse di ciliegio?
Terzo: DISTILLATO DI PERE immediato il richiamo alla pera, l'unico distillato della serata che aveva immediato riflesso e riconducibilità al prodotto impiegato per ottenerlo. Pera riconosciuta da tutti, forse anche la pera nella sua interezza, con la buccia e i semini. Veramente piacevole.
Quarto: DISTILLATO di PRUGNE E SUSINE, si potrebbe dire che detto così non sia molto invitante. SBAGLIATO, nessun prodotto di Capovilla è da prendere sottogamba, in questo caso abbiamo un distillato che ha fatto affinamento (anzi, come dice lui, che "ha riposato") per 7-8-9 anni in legno francese, lui a volte riesce a farsi dare le barrique da Yquem, per la enorme qualità di legno che hanno. Ambrato, sentori caramellati al naso, croccante di mandorle al miele, sensazioni di fiori secchi. In bocca è incredibile, un caleidoscopio di mille emozioni sensoriali. Continuamente la mente si rinnova per cercare delle spiegazioni sfuggenti che non riesce a cogliere, per poi trovarsi ancora smarrita ma appagata allo stesso tempo.
Sorseggiatelo lontano dai pasti se volete con del cioccolato amaro, ma anche da solo.
Finale con un soave 2013 per pulire la bocca che a dire il vero non serviva proprio, considerata la enorme persistenza e potenza dell'ultimo distillato del Maestro. (il quale aveva richiesto delle bollicine)
Dobbiamo andarlo a visitare, questo ultimo Maestro dei distillati, che vorrei ricordare con la citazione da lui stesso pronunciata ieri del Grande Veronelli (appassionato dei suoi distillati) gli disse: "se non li fai tu questi distillati, non li farà più nessuno".
Ieri pomeriggio ho avuto modo non solo di sentirlo dallo stesso produttore, ma anche di provarli di persona e rimanere basito.
normalmente un veneto conosce la grappa fin da diciottenne, tra amici si beve anche quasi per sfida, perchè spesso non piace, si deve fartela piacere perchè la bevono tutti...
In realtà con il tempo (tanto tempo) si riesce a escludere quel muro alcolico che pervade le narici e a capire qualcosa di più.
Il Maestro ieri ci ha insegnato dei trucchi per degustare meglio un distillato, innanzitutto NON si deve considerare il sentore predominante come identificativo del prodotto impiegato, se non contiene sufficienti terpeni aromatici. Mi spiego meglio: se avete di fronte una grappa di Amarone non dovrete ricercare nel profumo le sensazioni di vinaccia, oppure nel distillato di ciliegie selvatiche le sensazioni di frutta fresca.
Si deve prima di tutto capire il giusto bicchiere, ce ne sono molti e di svariate forme, in generale bisogna capire la "pancia", il "camino" e la meccanica di centrifuga, per adeguare la tipologia di profumi al bicchiere. Per esempio una grappa di amarone non ha grandi profumi, perchè lavora più sulla potenza di estratto e di intensità in bocca, quindi non serve convogliare gli aromi. Invece una grappa di Traminer aromatico va valorizzata, con la grande quantità di terpeni ottenuti.
Anche altra frutta contiene molti terpeni (tutta la frutta ne ha ma alcune tipologie ne hanno maggiori e migliori quantità) come le pere o le albicocche per esempio.
Per ultimo il consiglio più pratico, un soffio nel bicchiere per togliere l'alcool in eccesso e via dentro col naso.
Ci ha raccontato (dopo il video di presentazione, fotografia eccellente e anche il montaggio) la sua realtà aziendale, la ricerca della qualità e la assoluta mancanza di elementi (anche se consentiti) aggiuntivi, fino a 50 gr litro di sostanze aromatiche, zuccheri e altre molecole.
Non so se sia un botanico, ma conosce tantissime varietà e ne ricerca sempre di nuove, quasi più per suo diletto che per reale fabbisogno commerciale... er esempio il distillato di BIRRA ! Oppure il tentativo di aggiungere il tabacco alla distillazione... Dovreste vederlo come si arrampica sugli alberi alla sua età!
Primo distillato: GRAPPA di AMARONE, assolutamente nessuna sensazione erbacea, ma dolce, in bocca potente, morbida (presente solamente lo zucchero dell'uva nelle vinacce), lunga, di corpo e a dire il vero meno d'impatto rispetto ad altre già degustate. Poi, masticando a bocca vuota, grande sensazione di pulizia e piacevolmente dolce, non saprei, come di frutta secca... Lunghissima.
Secondo, GRAPPA di TRAMINER AROMATICO, floreale stupendo iniziale molto intenso, di mughetto (non mi veniva, bravo Pietro) e altri fiori secchi. La differenza tra un prodotto commerciale e Capovilla sta nella multisfaccettatura delle sue creazioni, è come andare in un cinema 3D... Resta infatti un percorso speziato, come di cannella e chiodi di garofano (questi ultimi nominati dal Maestro)
Da sorseggiare ancora e ancora, va centellinata.
Secondo: GRAPPA di VISCIOLE, al naso mi ricorda le nocciole, nessun richiamo alle ciliegie, ma sappiamo perchè, con quello scarso rapporto polpa/nocciolo. Poi si diffonde un aroma dolce ma tenue di fiori secchi, forse di ciliegio?
Terzo: DISTILLATO DI PERE immediato il richiamo alla pera, l'unico distillato della serata che aveva immediato riflesso e riconducibilità al prodotto impiegato per ottenerlo. Pera riconosciuta da tutti, forse anche la pera nella sua interezza, con la buccia e i semini. Veramente piacevole.
Quarto: DISTILLATO di PRUGNE E SUSINE, si potrebbe dire che detto così non sia molto invitante. SBAGLIATO, nessun prodotto di Capovilla è da prendere sottogamba, in questo caso abbiamo un distillato che ha fatto affinamento (anzi, come dice lui, che "ha riposato") per 7-8-9 anni in legno francese, lui a volte riesce a farsi dare le barrique da Yquem, per la enorme qualità di legno che hanno. Ambrato, sentori caramellati al naso, croccante di mandorle al miele, sensazioni di fiori secchi. In bocca è incredibile, un caleidoscopio di mille emozioni sensoriali. Continuamente la mente si rinnova per cercare delle spiegazioni sfuggenti che non riesce a cogliere, per poi trovarsi ancora smarrita ma appagata allo stesso tempo.
Sorseggiatelo lontano dai pasti se volete con del cioccolato amaro, ma anche da solo.
Alcuni prodotti affinati di Capovilla |
Dobbiamo andarlo a visitare, questo ultimo Maestro dei distillati, che vorrei ricordare con la citazione da lui stesso pronunciata ieri del Grande Veronelli (appassionato dei suoi distillati) gli disse: "se non li fai tu questi distillati, non li farà più nessuno".
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venerdì 6 febbraio 2015
Corso di approfondimento - terza serata, gli spumanti !!
Come Veneto (e lasciamo stare Oliviero Toscani) apprezzo atavicamente il prosecco e gli spumanti, e in questa serata abbiamo fatto un bel ripasso dei metodi Charmat e Champenoise.
Ero curioso di assaggiare i vini proposti, tra i quali il FERRARI PERLE', un classicone, non si sbaglia, ma non posso dire di essere stato entusiasta degli altri, un Oltrepo Pavese, un Franciacorta e un Rosè, non ricordo se metodo classico o in autoclave.
Poca traccia della serata dal punto di vista organolettico TRANNE per il primo vino, un DURELLO prodotto in 2000 esemplari, dall'azienda CORTE MOSCHINA.
Un durello affinato sulle fecce fini per 60 mesi, che ha acquisito ricchezza al naso di agrumi, radice di liquirizia e sensazioni citrine in bocca. Fresco e verticale, non crederete ai vostri palati.
Gran bella scoperta, segno l'azienda per una futura visita.
Proposta interessante dai signori in sala, allungare la serie di lezioni almeno di una per poter assaggiare anche qualche vino dal mondo... Ben venga!
Ero curioso di assaggiare i vini proposti, tra i quali il FERRARI PERLE', un classicone, non si sbaglia, ma non posso dire di essere stato entusiasta degli altri, un Oltrepo Pavese, un Franciacorta e un Rosè, non ricordo se metodo classico o in autoclave.
Poca traccia della serata dal punto di vista organolettico TRANNE per il primo vino, un DURELLO prodotto in 2000 esemplari, dall'azienda CORTE MOSCHINA.
Un durello affinato sulle fecce fini per 60 mesi, che ha acquisito ricchezza al naso di agrumi, radice di liquirizia e sensazioni citrine in bocca. Fresco e verticale, non crederete ai vostri palati.
Gran bella scoperta, segno l'azienda per una futura visita.
Proposta interessante dai signori in sala, allungare la serie di lezioni almeno di una per poter assaggiare anche qualche vino dal mondo... Ben venga!
domenica 1 febbraio 2015
Una nuova esperienza, nel mondo del formaggio francese
Ho accettato l'invito del mitico Pietro per tentare un'esperienza collegata al mondo della sommelierie soprattutto gastronomica, presso la nuovissima sede della FERROWINE a Castelfranco Veneto.
Mai avrei pensato che sarebbe stata non solo così appagante, ma anche una di quelle giornate che aprono strade ad altre passioni.
Innanzitutto vorrei che tutti conoscessero questo paradiso in terra dell'enogastronomia, allego una foto dell'interno, andateci, ve lo consigio vivamente!
Appena entrate si percepisce nettamente il sentore del legno nuovo e venite accolti dal personale giovane, sorridente e dinamico.
Tutti gli scaffali sono suddivisi per regioni e al secondo piano ci sono i vini del mondo, affiancati da prodotti delle varie regioni, pasta, biscotti ecc.
Non ho visto la parte dei formaggi, ma sicuramente ne hanno, dovrò visitarlo con più calma. A coloro ai quali piace leggere può interessare una piccola ma ben presentata sezione di letture a tema e non dimentichiamo la zona delle birre acide e artigianali e dei distillati!
Poi se riuscite a scendere per visitare il caveau, troverete i vini migliori al momndo, tutti i nomi che potete pensare, dal Masseto al Sassicaia, dal Chateau Haut Brion al mitico Petrus (3200 euro).
La degustazione a cui ho partecipato ha avuto come tema il formaggio francese artigianale, anche se si deve precisare la differenza tra FROMAGE FERMIER ( fattorie produttrici che non rientrano nei disciplinari AOP) e formaggi AOP, a volte rientranti nelle produzioni industriali.
Bella e asettica la sala di degustazione, molto moderna, abbiamo iniziato l'orologio di formaggi con un BANDON AOP, caprino, piccola taglia, interno cremoso e poco animale, ottimo complessivamente con la crosta, abbinamento con ULY, da petit manseng, vino vegetale dai sentori di bosso, leggero ma adatto al primo formaggio.
Saint Maure de Touraine, un formaggio stranissimo dalla forma tubolare e avvolto nella cenere, inoltre ha un filo di paglia al suo interno che lo rende originalissimo! (lo mettono solo se artigianale)
Pasta collosa, la lingua diventa grassa e ruvida, assieme alla crosta è ricco, un gusto persistente e dal finale amaricante. Meglio con questo il secondo vino, un gewurtztraminer alsaziano.
Qui la discussione si accende, in quanto l'abbinamento ideale è il pareggiare con ogni sorso ogni morso di cibo, mentre Emilio, il relatore, enogastronomo e anche sommelier, chiede di sentire la lunga persistenza del formaggio alla fine. Non ha torto a dire il vero, in effetti per lui la massima aspirazione è la valorizzazione dei prodotti che lui commercializza.... Bella discussione comunque.
Proseguiamo con un formaggio corso, il Brin d'Amour, forma un po' più grande (i francesi concepiscono il formaggio come già affinato al momento dell'acquisto, pertanto le forme sono tutte piccole o piccolissime) e tutto avvolto in una crosta di erbe aromatiche, ginepro, salvia e rosmarino, inoltre la parte dell'unghia aveva scavallato (tra la crosta e la polpa, se succedesse in Italia sarebbe un difetto, invece loro lo considerano un pregio) e rendeva cremoso l'assaggio, aromatico e intenso.
Difficile l'abbinamento, troppa aromaticità, che con il secondo vino risultava amara e con il verduzzo vendemmia tardiva troppo scomposto.
Arriviamo al MUNSTER alsaziano, famoso per la sua intensità (diciamocelo puzzava tantissimo!!) odorosa, tanto che aprendolo si percepiva fuori dalla stanza, ho storto il naso...pensate averlo nel piatto assieme agli altri. Nel complesso farinoso e potentissimo ma meno stimolante degli altri, a mio gusto. Abbinamento con il verduzzo ottimo, sensazioni dolci di miele e nocciola prolungate nel finale.
Ultimo un erborinato, assomigliava ad un gorgonzola, il BLEU de BRESSE a crosta fiorita, siamo nella Loira, profumo di fungo champignon, assaggio cremoso e aromatico, ottimo formaggio ma abbinamento non piacevole con i tre vini proposti. Concorda con me Emilio.
Qualcuno ha suggerito eventuali abbinamenti con le marc, le grappe francesi, a non sono convinto della piacevolezza, dovremo provare!
Grazie a Pietro e a Pierangelo per la possibilità concessami, arrivederci a sabato prossimo
Mai avrei pensato che sarebbe stata non solo così appagante, ma anche una di quelle giornate che aprono strade ad altre passioni.
Innanzitutto vorrei che tutti conoscessero questo paradiso in terra dell'enogastronomia, allego una foto dell'interno, andateci, ve lo consigio vivamente!
Dal loro sito, l'interno |
Tutti gli scaffali sono suddivisi per regioni e al secondo piano ci sono i vini del mondo, affiancati da prodotti delle varie regioni, pasta, biscotti ecc.
Non ho visto la parte dei formaggi, ma sicuramente ne hanno, dovrò visitarlo con più calma. A coloro ai quali piace leggere può interessare una piccola ma ben presentata sezione di letture a tema e non dimentichiamo la zona delle birre acide e artigianali e dei distillati!
Poi se riuscite a scendere per visitare il caveau, troverete i vini migliori al momndo, tutti i nomi che potete pensare, dal Masseto al Sassicaia, dal Chateau Haut Brion al mitico Petrus (3200 euro).
La degustazione a cui ho partecipato ha avuto come tema il formaggio francese artigianale, anche se si deve precisare la differenza tra FROMAGE FERMIER ( fattorie produttrici che non rientrano nei disciplinari AOP) e formaggi AOP, a volte rientranti nelle produzioni industriali.
Bella e asettica la sala di degustazione, molto moderna, abbiamo iniziato l'orologio di formaggi con un BANDON AOP, caprino, piccola taglia, interno cremoso e poco animale, ottimo complessivamente con la crosta, abbinamento con ULY, da petit manseng, vino vegetale dai sentori di bosso, leggero ma adatto al primo formaggio.
Il Saint Maure de Touraine, dal web |
Pasta collosa, la lingua diventa grassa e ruvida, assieme alla crosta è ricco, un gusto persistente e dal finale amaricante. Meglio con questo il secondo vino, un gewurtztraminer alsaziano.
Qui la discussione si accende, in quanto l'abbinamento ideale è il pareggiare con ogni sorso ogni morso di cibo, mentre Emilio, il relatore, enogastronomo e anche sommelier, chiede di sentire la lunga persistenza del formaggio alla fine. Non ha torto a dire il vero, in effetti per lui la massima aspirazione è la valorizzazione dei prodotti che lui commercializza.... Bella discussione comunque.
Proseguiamo con un formaggio corso, il Brin d'Amour, forma un po' più grande (i francesi concepiscono il formaggio come già affinato al momento dell'acquisto, pertanto le forme sono tutte piccole o piccolissime) e tutto avvolto in una crosta di erbe aromatiche, ginepro, salvia e rosmarino, inoltre la parte dell'unghia aveva scavallato (tra la crosta e la polpa, se succedesse in Italia sarebbe un difetto, invece loro lo considerano un pregio) e rendeva cremoso l'assaggio, aromatico e intenso.
Difficile l'abbinamento, troppa aromaticità, che con il secondo vino risultava amara e con il verduzzo vendemmia tardiva troppo scomposto.
Arriviamo al MUNSTER alsaziano, famoso per la sua intensità (diciamocelo puzzava tantissimo!!) odorosa, tanto che aprendolo si percepiva fuori dalla stanza, ho storto il naso...pensate averlo nel piatto assieme agli altri. Nel complesso farinoso e potentissimo ma meno stimolante degli altri, a mio gusto. Abbinamento con il verduzzo ottimo, sensazioni dolci di miele e nocciola prolungate nel finale.
Ultimo un erborinato, assomigliava ad un gorgonzola, il BLEU de BRESSE a crosta fiorita, siamo nella Loira, profumo di fungo champignon, assaggio cremoso e aromatico, ottimo formaggio ma abbinamento non piacevole con i tre vini proposti. Concorda con me Emilio.
Qualcuno ha suggerito eventuali abbinamenti con le marc, le grappe francesi, a non sono convinto della piacevolezza, dovremo provare!
Grazie a Pietro e a Pierangelo per la possibilità concessami, arrivederci a sabato prossimo
venerdì 30 gennaio 2015
Corso di approfondimento - seconda serata 28/1
Il sangiovese in toscana, protagonista in questo secondo appuntamento alle Osterie Moderne.
Avendo il bagaglio nozionistico AIS, ho sempre classificato le mie sensazioni in una nomenclatura definita e volutamente irrigidita dalla necessità di una uniformazione delle degustazioni.
Nicola parla del vino col cuore e in modo molto comunicativo, a volte spietato, altre distaccato e spiazzante.
Questo tipo di degustazione mi ricorda vagamente quello che fanno i masters of wine, non ricercano ossessivamente le specifiche precise sensazioni (sentori di mora, ribes, ecc...) ma le sfiorano appena, puntando invece al nocciolo della questione. Che vino è? Come è stato conservato? Dove è stato prodotto? Cosa mi resta in bocca?
A volte con risvolti vagamente comici, come in questa serata le considerazioni sul Morellino di Scansano, guano e merde de poulet, ruggine e mela grattata... ma andiamo con ordine.
Dopo aver ripassato genericamente le caratteristiche del sangiovese (grande capacità di affinamento, ottima schiena acida, media carica antocianica e uva abbastanza vigorosa e generosa => per capirsi, meno della barbera ), abbiamo ripercorso le zone della toscana maggiormente rappresentative, il Chianti, con le sette sottozone e la particolare zona dove si produce il Chianti Classico (suddivisa in est, ovest e sud, con le crete senesi), Montalcino, Scansano e Montepulciano. (Bolgheri no perchè là il sangiovese non viene proprio).
Primo assaggio, un CHIANTI CLASSICO NOZZOLE delle TENUTE FOLONARI adatto ad essere bevuto giovane, 2012, fresco, verticale, frutto immediatamente riconoscibile, visciola e fiori freschi, scorre molto bene e lo consiglierei anche come accompagnamento a salumi e formaggi. (Prezzo interessante, intorno ai 10 euro)
Secondo assaggio, CHIANTI RUFINA di Marchesi de' Frescobaldi Rufina 2011, maggiori sensazioni di affinamento, maggiore struttura e corpo, bella potenza ma preferivo la schiettezza del primo, questo assaggio è più difficile.
Terzo assaggio, MORELLINO DI SCANSANO, Castello di Montepo' di Jacopo Biondi Santi sensazioni selvatiche come di pollame (eh sì!), pesante, una produzione di tipologia non ricercata dal produttore con sentori molto fruttati di marmellata di prugne (anche troppo), note vegetali come di erba secca e un generale equilibrio che rende piacevole l'assaggio, ma non particolarmente stimolante (a mio gusto eh...).
Quarto assaggio, VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO Salcheto 2008, Parker lo valuta 87 punti, dal 2009 è salito da 13 euro a 18-19 euro di oggi, Nicola dice "decadente ed oscuro" bella ed emozionante questa descrizione, frutta matura, tostato e grande struttura, questa è una magnum.
La parte divertente è stata riconoscere un finale come di mela non proprio cotta, ma (sempre Nicola) grattata, e ruggine, cioè una cattiva conservazione magari verticale, il tappo era secco.
Questi sono finali ossidati (ma non direi maderizzati)
Curiosa la descrizione di Parker, finale tannico di foglia di te, ricorderò questo passaggio per ricercarlo in altri vini.
Infine il grande vino della serata, un ottimo Brunello di Montalcino 2006 di Pian delle Vigne di Antinori, altro colosso toscano, qui possiamo dire di avere eleganza, pulizia, sentori complessi e da scoprire in un ventaglio di sensazioni olfattive che rientrano prepotentemente nei terziari, frutta di bosco, tabacco, e a dire il vero non ho annotato tutto quello che sentivo perchè me lo sono goduto!!!
Corpo, tannino, alcool, estratto, acidità, tutto partecipava armoniosamente per rendere l'esperienza quasi malinconica, considerato che il bicchiere si è svuotato presto!
Ps. siamo intorno ai 55 euro a bottiglia.
Avendo il bagaglio nozionistico AIS, ho sempre classificato le mie sensazioni in una nomenclatura definita e volutamente irrigidita dalla necessità di una uniformazione delle degustazioni.
Nicola parla del vino col cuore e in modo molto comunicativo, a volte spietato, altre distaccato e spiazzante.
Questo tipo di degustazione mi ricorda vagamente quello che fanno i masters of wine, non ricercano ossessivamente le specifiche precise sensazioni (sentori di mora, ribes, ecc...) ma le sfiorano appena, puntando invece al nocciolo della questione. Che vino è? Come è stato conservato? Dove è stato prodotto? Cosa mi resta in bocca?
A volte con risvolti vagamente comici, come in questa serata le considerazioni sul Morellino di Scansano, guano e merde de poulet, ruggine e mela grattata... ma andiamo con ordine.
Dopo aver ripassato genericamente le caratteristiche del sangiovese (grande capacità di affinamento, ottima schiena acida, media carica antocianica e uva abbastanza vigorosa e generosa => per capirsi, meno della barbera ), abbiamo ripercorso le zone della toscana maggiormente rappresentative, il Chianti, con le sette sottozone e la particolare zona dove si produce il Chianti Classico (suddivisa in est, ovest e sud, con le crete senesi), Montalcino, Scansano e Montepulciano. (Bolgheri no perchè là il sangiovese non viene proprio).
Primo assaggio, un CHIANTI CLASSICO NOZZOLE delle TENUTE FOLONARI adatto ad essere bevuto giovane, 2012, fresco, verticale, frutto immediatamente riconoscibile, visciola e fiori freschi, scorre molto bene e lo consiglierei anche come accompagnamento a salumi e formaggi. (Prezzo interessante, intorno ai 10 euro)
Secondo assaggio, CHIANTI RUFINA di Marchesi de' Frescobaldi Rufina 2011, maggiori sensazioni di affinamento, maggiore struttura e corpo, bella potenza ma preferivo la schiettezza del primo, questo assaggio è più difficile.
Terzo assaggio, MORELLINO DI SCANSANO, Castello di Montepo' di Jacopo Biondi Santi sensazioni selvatiche come di pollame (eh sì!), pesante, una produzione di tipologia non ricercata dal produttore con sentori molto fruttati di marmellata di prugne (anche troppo), note vegetali come di erba secca e un generale equilibrio che rende piacevole l'assaggio, ma non particolarmente stimolante (a mio gusto eh...).
Quarto assaggio, VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO Salcheto 2008, Parker lo valuta 87 punti, dal 2009 è salito da 13 euro a 18-19 euro di oggi, Nicola dice "decadente ed oscuro" bella ed emozionante questa descrizione, frutta matura, tostato e grande struttura, questa è una magnum.
La parte divertente è stata riconoscere un finale come di mela non proprio cotta, ma (sempre Nicola) grattata, e ruggine, cioè una cattiva conservazione magari verticale, il tappo era secco.
La scheda del produttore |
Curiosa la descrizione di Parker, finale tannico di foglia di te, ricorderò questo passaggio per ricercarlo in altri vini.
Infine il grande vino della serata, un ottimo Brunello di Montalcino 2006 di Pian delle Vigne di Antinori, altro colosso toscano, qui possiamo dire di avere eleganza, pulizia, sentori complessi e da scoprire in un ventaglio di sensazioni olfattive che rientrano prepotentemente nei terziari, frutta di bosco, tabacco, e a dire il vero non ho annotato tutto quello che sentivo perchè me lo sono goduto!!!
Corpo, tannino, alcool, estratto, acidità, tutto partecipava armoniosamente per rendere l'esperienza quasi malinconica, considerato che il bicchiere si è svuotato presto!
Ps. siamo intorno ai 55 euro a bottiglia.
mercoledì 28 gennaio 2015
Gruppo di assaggio - seconda serata 23/1
Seconda serata tra amici per memorizzare le percezioni, la classica "palestra" che dovremmo fare per avere più dati possibili nel nostro personale database.
Il rischio è sempre lo stesso, però, cioè di rendere la serata troppo conviviale e poco tecnica. Il trucco è sempre quello di controllarsi e avere delle regole in mente, a che ora fermarsi, quanti assaggi fare, avere una scaletta insomma.
Ottimi vini portati e anche ottimi stuzzichini, grazie a Denis, mio fornito cugino, per l'impegno, sarà ripagato con gratitudine. Affettati di qualità eccelsa, speck di Sauris, sopressa coppata, prosciutto affumicato e parma stagionato, in più una selezione di formaggi e pane di Altamura (ma come hai fatto!!!!)
Primo vino un Blanc de Morgex et de la Salle, vino molto diffuso direi, anche nelle nostre zone, floreale e delicato, leggero ma allo stesso tempo piacevolmente persistente, continua con le note floreali e lievemente minerali.
Continuiamo con il GAVI di Batasiolo, grande vino bianco piemontese, ricco e pieno, naso fruttato di pesca gialla matura e fiori di mandorlo, finale amarognolo. Lo abbiamo scolato (poco professionalmente ) !
Per fare una pausa dalla grassezza imposta dai salumi abbiamo aperto un Menti, OMOMORTO, eccelso spumante della zona di Gambellara, la presa di spuma viene avviata con l'aggiunta di mosto di garganega passita, ottenendo un prodotto equilibrato e ben strutturato, verticale ma allo stesso tempo orizzontale, permettetemi il gioco di parole.
Finiamo quasi in bellezza con un rosso di corpo, il RIPASSO di Speri (interessantissimo produttore dal rapporto qualità prezzo encomiabile) che non ha entusiasmato forse per la temperatura di servizio troppo bassa (era un po' impacchettato dal freddo) dico quasi perchè avevamo addocchiato un passito sempre di MENTI, che non è stato aperto per troppo affetto dal proprietario (non importa ma prima o poi lo convinciamo!)
Che dire? Rifacciamolo presto ragazzi!
Il rischio è sempre lo stesso, però, cioè di rendere la serata troppo conviviale e poco tecnica. Il trucco è sempre quello di controllarsi e avere delle regole in mente, a che ora fermarsi, quanti assaggi fare, avere una scaletta insomma.
Ottimi vini portati e anche ottimi stuzzichini, grazie a Denis, mio fornito cugino, per l'impegno, sarà ripagato con gratitudine. Affettati di qualità eccelsa, speck di Sauris, sopressa coppata, prosciutto affumicato e parma stagionato, in più una selezione di formaggi e pane di Altamura (ma come hai fatto!!!!)
Che bella tavola ! |
Primo vino un Blanc de Morgex et de la Salle, vino molto diffuso direi, anche nelle nostre zone, floreale e delicato, leggero ma allo stesso tempo piacevolmente persistente, continua con le note floreali e lievemente minerali.
Continuiamo con il GAVI di Batasiolo, grande vino bianco piemontese, ricco e pieno, naso fruttato di pesca gialla matura e fiori di mandorlo, finale amarognolo. Lo abbiamo scolato (poco professionalmente ) !
Per fare una pausa dalla grassezza imposta dai salumi abbiamo aperto un Menti, OMOMORTO, eccelso spumante della zona di Gambellara, la presa di spuma viene avviata con l'aggiunta di mosto di garganega passita, ottenendo un prodotto equilibrato e ben strutturato, verticale ma allo stesso tempo orizzontale, permettetemi il gioco di parole.
Finiamo quasi in bellezza con un rosso di corpo, il RIPASSO di Speri (interessantissimo produttore dal rapporto qualità prezzo encomiabile) che non ha entusiasmato forse per la temperatura di servizio troppo bassa (era un po' impacchettato dal freddo) dico quasi perchè avevamo addocchiato un passito sempre di MENTI, che non è stato aperto per troppo affetto dal proprietario (non importa ma prima o poi lo convinciamo!)
Che dire? Rifacciamolo presto ragazzi!
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